Emergenza liquidità per le aziende Covid-19: sanatoria per assegni postdatati?

E’ in corso una gravissima emergenza nell’emergenza: la liquidità per le aziende per la crisi Covid-19. Restrizioni e chiusura obbligatoria hanno causato serie difficoltà ad imprenditori e commercianti.
Prima del forzato lockdown, avevano dato in pagamento ai fornitori assegni postdatati che ora non possono più onorare per mancanza di liquidità.
Gli assegni posdatati lasciati in garanzia per acquisto merci sono una prassi contraria alla legge, alle norme imperative. Resta, pur sempre, una prassi tollerata, molto diffusa nei rapporti commerciali tra fornitori e clienti abituali.
Cosa succederebbe se gli assegni postdatati venissero portati all’incasso?
Con l’attuale crisi di liquidità innescata dall’emergenza Coronavirus, i conti correnti risulterebbero insufficienti per coprirli e per consentire il pagamento.
Imprenditori e commercianti rischiano il protesto con conseguenze gravissime: sanzioni pecuniarie, pignoramento dei beni per l’importo non pagato, impossibilità di emettere assegni, iscrizione nella CAI (centrale di allarme interbancaria).
Attualmente, il Decreto Cura Italia non prevede alcuna disposizione né sostegno alle imprese in questo senso.
Il deputato calabrese leghista Domenico Furgiuele ed il governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci hanno avanzato due proposte per salvare gli imprenditori onesti da queste gravissime conseguenze che non li vedono direttamente responsabili dell’insolvenza.

Emergenza liquidità per le aziende Covid-19: le proposte di Furgiuele e Musumeci
E’ un durissimo nodo da sciogliere il problema degli assegni postdatati in questo clima di emergenza liquidità per le aziende a seguito del lockdown per il Covid-19.
Per evitare i protesti e l’iscrizione in centrale rischi sugli assegni rimasti impagati per mancanza di fondi, il deputato leghista calabrese Domenico Furgiuele ha avanzato una proposta per “curare” questa allarmante situazione.
“Il decreto Cura Italia deve prevedere la temporanea impossibilità di elevare protesto commerciale dei titoli che risulteranno impagati a causa della mancanza di liquidità causata alle imprese dal prolungato periodo di chiusura” ha dichiarato Domenico Furgiuele nella sua proposta diffusa su adnkronos.
Oltretutto, prosegue il deputato leghista, bisognerebbe sospendere la distruzione alla centrale rischi per tutte le imprese che, a fine mese, non possano materialmente onorare assegni e scadenze cambiarie. Gli imprenditori onesti in seria difficoltà non possono subire anche la beffa di essere qualificati come cattivi pagatori. Bisogna muoversi subito, la questione è più che mai urgente.
Dal canto suo, il governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha chiesto una sanatoria per gli assegni postdatati allo scopo di salvare imprenditori e commercianti dai protesti e dall’iscrizione nella black list della CAI pregiudicando, in tal modo, i finanziamenti futuri, quando l’emergenza Covid-19 sarà finita.
Gli assegni postdatati sono contrari alla legge (irregolari), seppure utilizzati in pratica. In questo momento, bisogna guardare in faccia la realtà. Non vanno protestati. Una prospettiva del genere causerebbe il blocco nel sistema dei pagamenti.
Detto questo, Musumeci ha annunciato che la Regione Sicilia presenterà un emendamento al decreto Cura Italia. Un emendamento che chiederà una “sanatoria a termine” con la sospensione di 6 mesi degli assegni postdatati. No ai protesti in piena emergenza nell’emergenza Coronavirus.

Emergenza liquidità per le aziende: il Covid-19 non deve distruggere l’economia italiana
La pandemia Covid-19, oltre a mietere vittime, sembra destinata a trasformare centinaia di P.M.I. in seriali distributori di assegni a vuoto, fuorilegge e insolventi. Un paradosso, una beffa al centro di una crisi economica che nessuno poteva prevedere.
La crisi innescata dal Coronavirus, dopo aver tolto liquidità a ristoranti, cinema, negozi, ecc., rischia di produrre imprenditori sanzionati, protestati, iscritti nella CAI.
Imprese che, accusando il colpo del lockdown forzato, devono continuare a pagare affitto, stipendi, forniture.
Ci sarà un intervento lampo del governo? I nostri governanti hanno idea di quello che potrebbe succedere se andassero protestati tutti i commercianti e gli imprenditori impossibilitati ad onorare gli assegni postdatati? Quali sarebbero i conseguenti danni economici e sociali?
Se davvero si auspica che la macchina produttiva (il motore dell’imprenditoria italiana) riparta dopo aver superato il peggio, bisogna sciogliere questo nodo il prima possibile.

DL 23/2020: sospensione di protesti e segnalazioni C.A.I. scaduta il 30 aprile 2020
L’art.11 del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23 sospende protesti e segnalazioni C.A.I. fino al 30 aprile 2020 per cambiali e altri titoli di credito. Peraltro, non impedisce ai creditori di portare al pagamento gli assegni postdatati. Se sul conto corrente del debitore ci sono fondi sufficienti, l’assegno è pagabile il giorno stesso della presentazione.
In assenza della copertura, la sospensione prevista dal DL 23/2020 rende inapplicabili le norme sul protesto e le sanzioni accessorie (inclusa l’iscrizione alla CAI). Il DL ha previsto, oltretutto, la sospensione delle trasmissioni alle Camere di Commercio degli elenchi dei protesti levati dal 9 marzo 2020. Per quelli già pubblicati, le Camere di Commercio sono (anzi erano) tenute a cancellarli d’ufficio.
In base al decreto, la sospensione temporanea risultava valida fino al 30 aprile 2020.
Secondo le ultime disposizioni del decreto Cura Italia, dal 1° maggio 2020 ricomincerebbe a decorrere il termine di scadenza temporaneamente sospeso.
Permettere che imprenditori onesti vengano protestati per, cambiali e assegni postdatati (o, comunque, scoperti) che non possono materialmente onorare significherebbe creare gravi ripercussioni sul mercato del credito.
Con l’eventuale iscrizione alla CAI, i soggetti protestati non potranno accedere al credito bancario e neanche ai finanziamenti agevolati tramite garanzie messe a disposizione dello Stato.

Quali strategie per resistere?
Al termine del periodo di sospensione, le banche potranno riavviare l’iter previsto per il pagamento dei titoli.
Per contenere qualsiasi rischio di protesto, l’avvocato Raffaele Greco del Foro di Salerno ha pubblicato un articolo nel quale consiglia alcune strategie come:

  • eseguire un’indagine della liquidità aziendale disponibile;
  • determinare i crediti da recuperare a breve termine;
  • valutare la possibilità di usufruire delle agevolazioni previste dal decreto Cura Italia per ripristinare la liquidità rivolgendosi a banche o istituti finanziari (moratorie mutui, sospensione revoche, rifinanziamento dei debiti, ecc.);
  • contattare i creditori per negoziare il più possibile modifiche delle scadenze, pagamenti ulteriormente diluiti nel tempo.

Assegno postdatato: le conseguenze
L’assegno postdatato (a ‘garanzia’) è irregolare in Italia ed emerge nell’emergenza liquidità per le aziende ai tempi del Coronavirus. Chi emette un assegno postdatato deve essere cosciente delle conseguenze.
Con il Decreto Legislativo n. 507/1999 l’emissione di assegni post datati non è più un illecito penale ma fiscale.
Può essere regolarizzato con il pagamento dell’imposta di bollo in quanto consente al creditore di esercitare i suoi diritti. L’imposta di bollo è pari al 12 per mille dell’importo dell’assegno (non inferiore a 103,29 euro): il creditore deve corrisponderla entro 4 giorni dalla data di emissione.
Resta il fatto che l’assegno postdatato non regolarizzato mantiene l’efficacia di promessa di pagamento (Cassazione civile, 24 maggio 2016 n. 10710).
Di conseguenza, con questo assegno, il creditore può chiedere al Tribunale di emettere un decreto ingiuntivo ed innescare procedure di pignoramento per recuperare il credito.
La mancata copertura di un assegno postdatato può portare alle seguenti conseguenze per il debitore:

  • protesto e registrazione del suo nominativo in un apposito registro della Camera di Commercio. La segnalazione permane per 5 anni;
  • sanzioni amministrative pecuniarie e personali. La sanzione pecuniaria varia da 516 a 3.098 euro per importi inferiori a 10.329,56 euro, da 1.032 a 6.197 euro per importi superiori a 10.329,56 euro;
  • iscrizione del proprio nominativo alla CAI, con conseguente revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni per 6 mesi;
  • divieto disposto dal Prefetto di emettere assegni bancari e postali per un periodo compreso fra 2 e 5 anni nel caso in cui l’assegno o gli assegni siano di importo complessivo inferiori o pari a 2.582,28 euro;
  • interdizione dell’esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale per una durata compresa fra 2 mesi e 2 anni nel caso in cui l’importo dell’assegno o degli assegni supera i 51.645,69 euro.

Come evitare le sanzioni amministrative
Il debitore protestato può evitare le sanzioni amministrative pagando l’importo dell’assegno + gli interessi del 10% e le spese di protesto entro 60 giorni dal termine di presentazione dell’assegno per l’incasso.

“Cattivi pagatori”, protesto e centrale rischi CAI

In attesa di conoscere i dettagli del Decreto Rilancio, c’è qualcosa che preoccupa fortemente il motore economico italiano (imprenditori e commercianti).
La sospensione di protesti e segnalazioni C.A.I. prevista dal Decreto Cura Italia per cambiali e altri titoli di credito è scaduta il 30 aprile. Imprenditori e commercianti rischiano di trasformarsi in “cattivi pagatori” per protesto e la Centrale rischi CAI fa tremare.
In teoria, dal 1° maggio scorso (che ha coinciso, paradossalmente, con la Festa dei Lavoratori), imprenditori e commercianti onesti rischiano il protesto per cambiali e assegni postdatati. Non possono pagarli per mancanza di liquidità.
Con l’eventuale iscrizione alla CAI (Centrale di allarme interbancaria) l’impresa protestata non potrà accedere al credito bancario né ai finanziamenti agevolati tramite garanzie disposte dallo Stato per l’emergenza Covid-19.
Riguardo alla bozza del Decreto Rilancio (che conta oltre 430 pagine e 258 articoli) sono stati finora accennati diversi punti.
La super manovra anti-crisi affronta il salvataggio Alitalia, il bonus autonomi, riqualificazioni edilizie, lavoro, sanità, trasporti, reddito di emergenza, lavoratori migranti, agevolazioni e sconti fiscali, il nodo Irap.
Introduce nuovi interventi per uscire dall’emergenza, conferma i 10 miliardi da destinare a nuovi aiuti alle imprese.
Cosa bolle in pentola riguardo alle garanzie su liquidità e crediti commerciali? Cosa succederà a tutti gli imprenditori e commercianti che hanno emesso assegni postdatati o cambiali a fornitori prima che scoppiasse la pandemia?

“Cattivi pagatori”: protesto e centrale rischi CAI colpiranno gli imprenditori onesti?
Per il Decreto Rilancio, il governo sta valutando lo stop al pagamento di saldo e acconto Irap per le imprese tra 5 e 250 milioni di ricavi che hanno riportato perdite a causa del lockdown Covid-19.
Stop e sospensioni di tasse non significa detassazione. Prima o poi, le imprese e i commercianti dovranno pagare il dovuto accumulato nel tempo. Il blocco delle attività e l’impossibilità di onorare i pagamenti e gli impegni anche con i fornitori rischia di trasformare commercianti ed imprenditori onesti in cattivi pagatori.
Da vittime del lockdown passerebbero a vittime di un’insolvenza di cui non hanno alcuna responsabilità.
Molti rischiano di chiudere, altro che riaprire. Nessun credito di imposta può permettere alle imprese di inventarsi soldi che non ci sono e che servono per continuare a pagare dipendenti, spese fisse, fornitori. C’è anche l’obbligo di sanificazione, l’acquisto di tecnologie per l’attività lavorativa, operazioni che costano.
Se oggi un’attività può, comunque, scegliere se riaprire o no, due mesi fa nessuno ha scelto di chiudere. Il lockdown forzato ha indebolito le attività che devono pagare i fornitori in un periodo di totale inattività e di perdita.
Grazie al Decreto Cura Italia 23/2020, dal 9 marzo al 30 aprile 2020 sono stati sospesi i termini di scadenza per cambiali, assegni e altri titoli di credito ma ora? Ritardare i pagamenti non basta senza un aiuto concreto da parte dello Stato che copra il buco di una generale mancanza di liquidità.
Fino al 30 aprile è stato possibile scansare il rischio. Ora, per i presunti “cattivi pagatori”, protesto e centrali rischi CAI come è possibile evitarli?
Il Decreto Rilancio non può evitare di rispondere a questa domanda.
La Circolare n. 3723 – 15 aprile 2020 del Ministero dello Sviluppo Economico, in riferimento all’art. 11 del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23, aveva concluso: “si riserva di emanare apposite indicazioni specifiche nell’immediato futuro”.
L’immediato futuro è arrivato. Gli occhi sono tutti puntati sui contributi a fondo perduto destinati alle imprese. Basteranno per sanare le perdite e i danni economici?

Prestiti alle imprese garantiti dallo Stato: potrebbero finire nelle mani delle mafie
E’ difficile immaginare imprenditori e commercianti onesti travolti dalla crisi per l’emergenza Covid-19 che vengono bollati come “cattivi pagatori”. Un protesto o la centrale rischi CAI sono più associabili a gente mossa da certe illecite intenzioni. Bisogna, piuttosto, controllare l’operato dei veri criminali, delle mafie.
I capi delle Procure di Milano e Napoli, Francesco Greco e Giovanni Melillo, hanno lanciato un allarme.
Chiedono “urgenti correzioni di rotta” sulle disposizioni del Decreto Liquidità varato dal governo per facilitare l’accesso al credito. Perché? Con questo decreto lo Stato rischia di finanziare imprese mafiose ed evasori.
I prestiti alle imprese garantiti dallo Stato rischiano di favorire la criminalità organizzata.
In particolare, Francesco Greco segnala “strumenti di controllo inadeguati”. Non è stato previsto nessuno strumento tecnico-giuridico. Chi accede al credito deve attestare di non essere sottoposto a procedimenti gravi. L’utilizzo dei fondi richiesti dalle imprese deve essere tracciato per verificare la correttezza della destinazione d’uso.
Bisogna dire sì all’obbligo del certificato antimafia.
A giudicare dal Dl Liquidità, tutto sembra demandato alla ‘buona volontà’ di Sace e delle banche. Occorre, invece, verificare la ‘clientela’ sia in fase di concessione del finanziamento sia in quella di monitoraggio.

A proposito di rischio usura …
Insomma, mentre imprenditori e commercianti onesti (vittime della crisi) rischiano di finire nella black list della CAI come “cattivi pagatori” per il protesto di assegni postdatati e cambiali, i fondi stanziati dal Decreto Liquidità potrebbero finire nelle mani delle mafie, degli usurai. Sembra paradossale ma è così.
Le restrizioni dovute all’emergenza Covid-19 stanno prosciugando la liquidità di singoli cittadini e imprese. Piccoli e grandi imprenditori rischiano di essere protestati e sanzionati.
Questo pericoloso meccanismo potrebbe innescare un processo perverso: favorire il malaffare, creare nuove vittime dell’usura.
E’ necessario impedire che l’emergenza Coronavirus, nella delicata Fase 2, partorisca negozianti, artigiani, commercianti e imprenditori impossibilitati a rialzare le saracinesche delle proprie aziende, quando tutto sarà passato.
Per cambiali ed assegni scoperti a causa della mancanza di liquidità, non si dovrebbero condannare le vittime della crisi.
Lo Stato dovrebbe, in alternativa – come ha proposto il deputato siciliano leghista Nino Minardo – farsi garante con le banche per consentire un fido extra a chi non potrà incassare assegni e cambiali.

Cosa rischiano i “cattivi pagatori”: protesto, centrale rischi CAI e non solo
Per cambiali e assegni post-datati non pagati, ecco cosa rischia il debitore:

  • protesto e registrazione nell’apposito registro della Camera di Commercio con segnalazione per 5 anni;
  • pignoramento dei propri beni per l’importo dell’assegno non pagato;
  • impossibilità di emettere altri assegni per un periodo variabile da 2 a 5 anni;
  • inserimento del proprio nominativo nel registro cattivi pagatori nella CAI;
  • pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste (variabili a seconda dell’importo non pagato);
  • interdizione dell’esercizio della propria attività per un periodo variabile (da 2 mesi a 2 anni) se l’importo non pagato supera i 51.645,69 euro.
    Il debitore viene “segnalato” e il protesto diventa una conseguenza quasi inevitabile, grave e dannosa per l’imprenditore, il commerciante, l’artigiano o il professionista.
    L’atto di protesto è pubblico – redatto da un notaio o da un ufficiale giudiziario – con cui si certifica e si attesta il mancato pagamento di un assegno.
    Si finisce nella black list dei cattivi pagatori con iscrizione nella CAI (archivio pubblico controllato dalla Banca d’Italia) soltanto per i debiti contratti con istituti di credito e finanziarie.