Categoria: Recupero Crediti
Liquidazione d’azienda e fideiussioni personali
Cessione del credito
Privacy: le prassi illecite e recupero crediti
Per sollecitare ed ottenere il pagamento di somme dovute non è lecito comunicare ingiustificatamente informazioni relative ai mancati pagamenti ad altri soggetti che non siano l’interessato (es. familiari, coabitanti, colleghi di lavoro o vicini di casa) ed esercitare indebite pressioni su quest’ultimo.
Sono da ritenersi illecite le modalità invasive di ricerca, presa di contatto, sollecitazione quali:
• visite al domicilio o sul luogo di lavoro con comunicazione ingiustificata a soggetti terzi rispetto al debitore di informazioni relative alla condizione di inadempimento nella quale versa l’interessato (comportamento talora tenuto per esercitare indebite pressioni sul debitore al fine di conseguire il
pagamento della somma dovuta);
• comunicazioni telefoniche di sollecito preregistrate, poste in essere senza intervento di un operatore, perché con questa modalità persone diverse dal debitore possono venire a conoscenza di una sua eventuale condizione di inadempienza;
• utilizzo di cartoline postali o invio di plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o formule simili che rendono visibile a persone estranee il contenuto della comunicazione. É necessario, invece, che le sollecitazioni di pagamento vengano portate a conoscenza del solo debitore, usando plichi chiusi e senza scritte specifiche, che riportino all’esterno le sole indicazioni necessarie ad identificare il mittente al fine di evitare un’inutile divulgazione di dati personali;
• affissioni di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) sulla porta dell’abitazione del debitore, potendo tali dati personali essere conosciuti da una serie indeterminata di soggetti nell’intervallo di tempo (talora prolungato) in cui l’avviso risulta visibile.
Per sollecitare ed ottenere il pagamento di somme dovute non è lecito comunicare ingiustificatamente informazioni relative ai mancati pagamenti ad altri soggetti che non siano l’interessato (es. familiari, coabitanti, colleghi di lavoro o vicini di casa) ed esercitare indebite pressioni su quest’ultimo.
Sono da ritenersi illecite le modalità invasive di ricerca, presa di contatto, sollecitazione quali:
• visite al domicilio o sul luogo di lavoro con comunicazione ingiustificata a soggetti terzi rispetto al debitore di informazioni relative alla condizione di inadempimento nella quale versa l’interessato (comportamento talora tenuto per esercitare indebite pressioni sul debitore al fine di conseguire il
pagamento della somma dovuta);
• comunicazioni telefoniche di sollecito preregistrate, poste in essere senza intervento di un operatore, perché con questa modalità persone diverse dal debitore possono venire a conoscenza di una sua eventuale condizione di inadempienza;
• utilizzo di cartoline postali o invio di plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o formule simili che rendono visibile a persone estranee il contenuto della comunicazione. É necessario, invece, che le sollecitazioni di pagamento vengano portate a conoscenza del solo debitore, usando plichi chiusi e senza scritte specifiche, che riportino all’esterno le sole indicazioni necessarie ad identificare il mittente al fine di evitare un’inutile divulgazione di dati personali;
• affissioni di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) sulla porta dell’abitazione del debitore, potendo tali dati personali essere conosciuti da una serie indeterminata di soggetti nell’intervallo di tempo (talora prolungato) in cui l’avviso risulta visibile.
Recupero crediti: principi generali
Privacy e recupero crediti
Ogni attività di recupero crediti deve avvenire nel rispetto della dignità personale del debitore, evitando comportamenti che ne possano ledere la riservatezza a causa di un momento di difficoltà economica o di una dimenticanza.
Gli accertamenti del Garante hanno messo in luce l’esistenza di prassi in alcuni casi decisamente invasive (visite a domicilio o sul posto di lavoro; reiterate sollecitazioni al telefono fisso o sul cellulare; telefonate preregistrate; invio di posta con l’indicazione all’esterno della scritta “recupero crediti” o “preavviso esecuzione notifica”, fino all’affissione di avvisi di mora sulla porta di casa.
Spesso anche dati personali di intere famiglie risultavano inseriti nei data base del soggetto creditore o delle società di recupero crediti).
È per questo motivo che l’Autorità ha deciso di intervenire con un provvedimento generale e prescrivere a quanti svolgono l’attività di recupero crediti (le società specializzate e quanti – finanziarie, banche, concessionari di pubblici servizi, compagnie telefoniche – svolgono tale attività direttamente) le misure necessarie perché tutto si svolga nel rispetto dei principi di liceità, correttezza e pertinenza.
n.b. è stato realizzato prima dell’applicazione del Regolamento UE 679/2016, avvenuta in data 25 maggio 2018, circostanza di cui occorre tener conto nella consultazione
Fonte:
https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Privacy+e+recupero+crediti+-+Il+Vademecum.pdf
Privacy e recupero crediti
Ogni attività di recupero crediti deve avvenire nel rispetto della dignità personale del debitore, evitando comportamenti che ne possano ledere la riservatezza a causa di un momento di difficoltà economica o di una dimenticanza.
Gli accertamenti del Garante hanno messo in luce l’esistenza di prassi in alcuni casi decisamente invasive (visite a domicilio o sul posto di lavoro; reiterate sollecitazioni al telefono fisso o sul cellulare; telefonate preregistrate; invio di posta con l’indicazione all’esterno della scritta “recupero crediti” o “preavviso esecuzione notifica”, fino all’affissione di avvisi di mora sulla porta di casa.
Spesso anche dati personali di intere famiglie risultavano inseriti nei data base del soggetto creditore o delle società di recupero crediti).
Per questo motivo l’Autorità ha deciso di intervenire con un provvedimento generale e prescrivere a quanti svolgono l’attività di recupero crediti (le società specializzate e quanti – finanziarie, banche, concessionari di pubblici servizi, compagnie telefoniche – svolgono tale attività direttamente) le misure necessarie perché tutto si svolga nel rispetto dei principi di liceità, correttezza e pertinenza.
n.b. è stato realizzato prima dell’applicazione del Regolamento UE 679/2016, avvenuta in data 25 maggio 2018, circostanza di cui occorre tener conto nella consultazione
Fonte:
https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Privacy+e+recupero+crediti+-+Il+Vademecum.pdf
Ricevi telefonate dal recupero crediti? Scopri come difenderti
Se hai problemi di indebitamento allora ti capiterà spesso di ricevere telefonate da varie agenzie di recupero crediti.
Ebbene, esistono diverse società che si occupano di recupero crediti, queste hanno al loro interno reparti dedicati al recupero stragiudiziale. Spesso trattasi di crediti di piccola entità per cui è sconveniente da un punto di vista economico l’affido ad avvocati e vengono trattati alla stregua di pacchetti della telefonia.
Poiché il focus di queste agenzie è la quantità di pratiche trattate, vengono assunte persone con medio-bassa formazione, sovente con percorsi formativi diversi rispetto a quello legale.
Detto questo non è possibile stupirsi del tenore di queste telefonate che talvolta risultano poco professionali e sebbene di rado aggressive.
Talvolta i dipendenti di queste società subiscono un vero e proprio pressing per raggiungere budget di somme recuperate e per questo spesso sono agitate e aggressive, poiché rischiano di perdere il posto di lavoro.
Detto questo alcuni atteggiamenti non possono essere giustificati e giustificabili, poiché la materia trattata è complessa e richiede preparazione e rispetto dell’uomo e delle leggi che regolano questo tipo di professione.
Infatti, gli addetti al recupero crediti devono rispettare un codice di condotta preciso, ovviamente non ti parlo solo di legge sulla privacy, in base alla quale spesso società di recupero crediti, banca o finanziaria mandante vengono sanzionate dall’autorità garante, ma del Codice Civile e del Codice Penale.
Purtroppo spesso la persona in difficoltà non conosce queste cose, ma la cosa preoccupante è che spesso anche i “consulenti” a cui si affidano non sanno cosa prevede il codice deontologico delle società di recupero crediti e non sanno come impedire che il debitore subisca queste pressioni.
Quindi in questo articolo ti voglio aiutare a capire quello che gli addetti al recupero crediti possono o non possono fare e dire al telefono.
Mi sforzerò di essere sintetico, ma poiché la materia è complessa e racchiude diverse sfaccettature temo che il risultato finale non lo sarà; in ogni caso sono certo che alla fine avrai un quadro più chiaro ed avrai gli strumenti necessari per difenderti dalle minacce e riconoscere gli addetti al recupero crediti seri da quelli che lo sono meno e perché no, anche a capire se il consulente a cui ti sei affidato potrà aiutarti veramente.
Partiamo spiegando quello che è necessario che faccia l’addetto al recupero crediti durante il colloquio
L’operatore DEVE presentarsi comunicando le proprie generalità, quelle dell’azienda per cui chiama e quelle della Banca o Finanziaria titolare del credito per cui telefona.
Gli addetti al recupero crediti devono presentarsi
Hai il diritto di conoscere tutti i riferimenti della persona con cui stai parlando e della società per la quale lavora, incluso il numero di autorizzazione ministeriale.
E’ quindi pratica estremamente scorretta, quella per cui l’operatore del recupero crediti si presenti come collaboratore diretto della Banca o finanziaria con cui hai stipulato il finanziamento, senza fornire le sue generalità e l’agenzia o sub-agenzia per cui chiama. Nella maggior parte dei casi, infatti, il recupero crediti telefonico è affidato a società esterne che devono presentarsi come tali.
Di guisa non fornire le proprie generalità, ometterle o peggio fornire generalità false, è illegittimo, scorretto e sanzionabile.
DIVIETI – ovvero quello che l’addetto al recupero crediti non può fare al telefono
Nel campo del recupero crediti sono vietate tutte le pratiche che siano invasive, lesive del diritto alla riservatezza e della dignità personale, a prescindere dall’autorità di chi sta portando avanti queste azioni lesive.
Ad esempio
È fatto divieto di telefonare con numero anonimo!
È fatto divieto di telefonare con una voce pre registrata.
n.b. L’Autorità per la Privacy ha dato ragione più volte ai debitori che hanno segnalato di aver ricevuto telefonate pre registrate con solleciti di pagamento. Questo perché la telefonata pre registrata non garantisce l’accertamento dell’identità della persona che risponde alla chiamata, esponendo il debitore ad una violazione della privacy.
È fatto divieto di presentare minacce di pignoramento o di sequestro dei beni, in particolare, non possono minacciare azioni o iniziative legali sproporzionate, puramente fantasiose o semplicemente intimidatorie e/o minacciare di segnalare il tuo nominativo nelle centrali rischi.
Parentesi gli unici debiti segnalabili in CRIF o in Centrale Rischi sono quelle con banche o finanziarie. I debiti commerciali e quelli per imposte non sono soggetti a segnalazione nelle banche dati finanziarie.
In secondo luogo, se hai un finanziamento o lo hai semplicemente richiesto, il tuo nominativo è automaticamente iscritto in CRIF o in Centrale Rischi.
È fatto divieto di telefonare in orari non consoni, ovvero non possono chiamarti alle 6 di mattina oppure alle 9 di sera.
È fatto divieto di telefonare con frequenza eccessiva.
È fatto divieto di informare terzi sulla natura delle telefonate e ancor peggio sul contenuto;
Privacy e recupero crediti: Recupero crediti e dati personali
Il recupero crediti e i dati personali
L’attività di recupero crediti può essere realizzata direttamente
dal creditore come pure, nel suo interesse, da terzi (ad esempio società specializzate nel recupero crediti, avvocati, altri liberi professionisti), designati responsabili(1) del trattamento(2) di regola operanti in virtù di contratti di servizio (in particolare, attraverso la figura del mandato o dell’appalto di servizi).
In quest’ultima ipotesi, il creditore (ad esempio una società che eroga servizi) dovrà comunicare ai soggetti incaricati del recupero del credito i dati personali dei soli debitori e non di tutti i suoi clienti. Occorre, infatti evitare che l’incaricato acceda direttamente al database del titolare/creditore, contenente anche i dati di altri soggetti.
Si tratta, per lo più, di dati anagrafici, di informazioni utili per contattare il debitore (quali, ad esempio, i recapiti telefonici forniti), oltre ai dati relativi alla somma dovuta.
Sia nella fase di raccolta delle informazioni sul debitore sia nel tentativo di presa di contatto, non sono ammesse prassi invasive o lesive della dignità personale.
Il recupero crediti e i dati personali
L’attività di recupero crediti può essere realizzata direttamente
dal creditore come pure, nel suo interesse, da terzi (ad esempio società specializzate nel recupero crediti, avvocati, altri liberi professionisti), designati responsabili(1) del trattamento(2) di regola operanti in virtù di contratti di servizio (in particolare, attraverso la figura del mandato o dell’appalto di servizi).
In quest’ultima ipotesi, il creditore (ad esempio una società che eroga servizi) dovrà comunicare ai soggetti incaricati del recupero del credito i dati personali dei soli debitori e non di tutti i suoi clienti. Occorre, infatti evitare che l’incaricato acceda direttamente al database del titolare/creditore, contenente anche i dati di altri soggetti.
Si tratta, per lo più, di dati anagrafici, di informazioni utili per contattare il debitore (quali, ad esempio, i recapiti telefonici forniti), oltre ai dati relativi alla somma dovuta.
Sia nella fase di raccolta delle informazioni sul debitore sia nel tentativo di presa di contatto, non sono ammesse prassi invasive o lesive della dignità personale.
______________
(1) “responsabile”, la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi
altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali.
(2) “trattamento”, qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio
di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la
consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo,
l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati,
anche se non registrati in una banca di dati.
Regolamento privacy: L’esercizio dei diritti
Il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30
giugno 2003, n. 196) riconosce all’interessato (in questo caso al
debitore) la possibilità di esercitare nei confronti del titolare
del trattamento (il soggetto creditore, come ad esempio le
banche, le finanziarie, le società di forniture dei servizi ecc. )
alcuni diritti, specificamente indicati all’art. 7 del Codice(3).
Tra questi, l’interessato ha la possibilità di richiedere l’origine
dei dati personali che lo riguardano; di opporsi, in tutto o in
parte, per motivi legittimi al trattamento dei dati che lo
riguardano, ancorché pertinenti alla raccolta, oppure, al
trattamento dei dati ai fini di invio di materiale pubblicitario
o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di
mercato o di comunicazione commerciale.
Per esercitare i diritti è possibile utilizzare il modulo predisposto
dal Garante.
(3) Art. 7 – Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo
riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere l’indicazione:
a) dell’origine dei dati personali;
b) delle finalità e modalità del trattamento;
c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di
strumenti elettronici;
d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di
rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la
conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi
manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Documenti di riferimento
Liceità, correttezza e pertinenza nell’attività di recupero crediti –
30 novembre 2005
[doc web n. 1213644]
Invio alla clientela di comunicazioni telefoniche preregistrate
senza l’intervento di un operatore per finalità di recupero
crediti – 10 ottobre 2013
[doc web n. 2751860]
Comunicazioni sullo stato dei pagamenti attraverso messaggi
sullo schermo del televisore – 28 maggio 2015
[doc web n. 4131145]
Canone Rai: correttezza nei solleciti agli utenti – 5 marzo 2008
[doc web n. 1501024]
Saldo e stralcio: conseguenze.
Il nostro sistema economico è caratterizzato da una serie di attività che permettono la circolazione del denaro, creando delle posizioni sia giuridiche che economiche di credito e di debito. Diversi, infatti, sono i consumatori privati e le imprese che stipulano contratti di compravendita, o contratti di finanziamento, per l’acquisto di beni mobili o immobili, per la gestione di attività commerciali o di servizi o, semplicemente, per avere una risorsa finanziaria a copertura di periodi di crisi economica.
Nello specifico, possiamo citare il caso di una impresa che acquista un macchinario per la propria attività commerciale, oppure una famiglia che acquista un elettrodomestico utile alle funzioni casalinghe o un’automobile o, ancora, si pensi all’acquisto di un bene immobile come la casa di proprietà. In tutti questi esempi, cosa accade dal punto di vista giuridico? Si crea un rapporto di credito/debito tra due parti, appunto il creditore e il debitore, tenuti ad eseguire le rispettive obbligazioni, ed invero: l’impresa che acquista un macchinario sarà debitrice nei confronti dell’impresa fornitrice del prezzo pagato, così come la famiglia che dovrà versare l’importo dovuto per l’acquisto del bene immobile o dell’automobile. Come ben sappiamo, non sorgono problemi se il pagamento del dovuto avviene contestualmente, o comunque si salda interamente: il rapporto si conclude con la soddisfazione di entrambe le posizioni. Tuttavia può accadere che il pagamento da parte dell’impresa o del consumatore privato avvenga in modo dilazionato, attraverso la predisposizione di un piano di ammortamento finanziario, in questo caso potrebbe verificarsi il mancato pagamento delle rate, venendosi così a creare una posizione debitoria pregiudizievole per il soggetto obbligato al pagamento.
Spesso ci troviamo dinanzi a casi in cui le imprese, infatti, non riescono a far fronte agli impegni economici contratti, così come le famiglie, soprattutto nei periodi di grave recessione economica, non riescono a saldare tempestivamente le rate di un prestito, accumulando debiti per diversi mesi ed entrando in un contesto di difficoltà finanziaria.
I debiti così sorti, possono riguardare sia i rapporti tra privati (è il caso tipico di due imprese che sono in rapporti commerciali tra loro), sia tra privati e banche e/o società finanziarie: quest’ultimo caso anche a causa della recente crisi economica, è divenuto molto frequente, dato che la maggior parte del credito al consumo, oggi, si attua attraverso la richiesta di finanziamenti erogati sia dalle banche presso cui il soggetto è correntista, sia dalle società di intermediazione finanziaria, che concedono prestiti a breve o a medio/lungo termine per far fronte alle più diversificate esigenze.
Cosa accade, dunque, quando la posizione debitoria del privato si cancrenizza, creando una disfunzione nel rapporto di credito e ponendo la controparte nella esigenza di chiedere e ottenere il saldo del debito?
Passando a qualche esempio, pensiamo ad una impresa che deve pagare una fattura per un importo pari ad € 35.000,00, oppure pensiamo ad una famiglia che accumula rate impagate di un prestito richiesto alla propria banca o alla propria società finanziaria, per un totale di € 45.000,00: ed allora cosa succede al debitore e cosa può fare la controparte creditrice per recuperare le somme di denaro?
Sicuramente la prima risposta che verrebbe da dare, è quella di rivolgersi ad un legale competente per poter attivare una procedura giudiziaria di recupero crediti; in alternativa al fine di snellire la tempistica e risparmiare in termini di oneri processuali e spese di giustizia, il creditore può proporre un accordo stragiudiziale transattivo al debitore, al fine di recuperare immediatamente una cospicua parte della sorte capitale, che per contro consente al debitore con un piccolo risparmio di sanare la propria posizione.
Parliamo, in tal caso, del c.d. “accordo a saldo e stralcio”, che si caratterizza per essere un accordo tra il creditore e il debitore attraverso il quale il creditore invita il debitore, attraverso una transazione negoziata, a pagare il debito maturato in un’unica soluzione e ad un importo inferiore. Ecco perché si parla di stralcio del debito, comportando la diminuzione della posizione debitoria, e di saldo dello stesso, poiché la convenienza del creditore si rinviene proprio nell’ottenere la quota richiesta in breve tempo, a differenza di un eventuale giudizio esecutivo da intraprendere nei confronti del debitore, che spesso nasconde lungaggini processuali.
È chiaro che un simile accordo deve comportare delle conseguenze positive anche per il debitore: con lo stralcio del debito, infatti, la sua posizione si alleggerisce; inoltre, il saldo dello stesso, consente al debitore di chiudere definitivamente il suo indebitamento, senza che il creditore possa poi pretendere altro. Ma per ottenere simili conseguenze, occorre fare particolare attenzione al modo in cui si redige l’accordo stragiudiziale e, a tal proposito, riprendiamo l’opportuna distinzione tra rapporti tra due privati e rapporti di credito tra privati e banche.
Nel primo caso, i privati potranno raggiungere una transazione bonaria per ricomporre la posizione debitoria attraverso la stipulazione di un secondo accordo, successivo rispetto a quello fondante il rapporto creditorio, in cui ridefiniscono i termini e la tempistica del pagamento. L’accordo stragiudiziale a saldo e stralcio deve, così, richiamare l’ammontare del debito, la quota stralciata e il tempo del versamento per il saldo (versamento che può essere immediato o dilazionato a rate). Ma, soprattutto, deve includere una clausola fondamentale: il creditore deve rinunciare alla quota di debito stralciata, affermando di non avere più nulla a pretendere dal suo debitore. E al versamento dell’importo concordato, dovrà sottoscrivere quietanza liberatoria: si avrà così la certezza della chiusura del rapporto tra le due parti, con la contemporanea soddisfazione di entrambe le pretese. Questo sottolinea l’importanza di rivolgersi a professionisti competenti del settore, affinché ci sia cura e attenzione nel redigere gli atti di transazione ed evitare inconvenienti giuridici.
Molto più diffusa è la seconda ipotesi, riguardante il rapporto tra clienti e banche o società finanziarie: la differenza fondamentale tra questo caso e quello trattato riguarda l’ipotesi in cui la banca non abbia già avviato delle procedure giudiziali per recuperare il credito (si pensi al procedimento monitorio o, addirittura, una procedura esecutiva di pignoramento di immobile) o abbia già effettuato la segnalazione del debitore al CRIF, la Centrale Rischi Finanziari o alla Banca d’Italia. La CRIF è una società che si occupa di fornire supporto per l’erogazione e la gestione del credito al consumo, fornire informazioni relative alle referenze creditizie e controllare il rischio finanziario.
Le informazioni creditizie relative alle varie posizioni debitorie vengono fornite sia dalle banche che dalle società finanziarie e vengono inserite in un database informatico, in cui sono contenuti tutti i dati relativi ai vari finanziamenti concessi a imprese e consumatori privati. Questo sistema è particolarmente importante perché contiene, soprattutto, i dati negativi relativi a quelle segnalazioni effettuate dagli istituti di credito nel caso di ritardo nei pagamenti dei debiti.
Nel caso, dunque, di una posizione debitoria aperta nei confronti di una banca o di una società finanziaria, sarà sicuramente possibile procedere ad una negoziazione tra le parti a saldo e stralcio, ma l’accordo non potrà certo evitare la segnalazione al CRIF già effettuata dalla parte creditrice. Anche in questo caso sarà opportuno procedere con la redazione di un successivo accordo con cui le parti indicheranno il credito iniziale e concorderanno la quota di debito da saldare, la parte stralciata, e la clausola esplicita di rinuncia del debito residuo. Tra l’altro, la redazione dell’accordo stragiudiziale di cui trattasi, non comporta la successiva automatica cancellazione della segnalazione già effettuata al CRIF, ma la società finanziaria o la banca dovranno procedere alla comunicazione alla Centrale dell’avvenuto accordo transattivo, che dovrà contenere per completezza anche la clausola di liberatoria per quella parte di debito stralciata, affinché la cancellazione della esposizione debitoria sia completa, e non parziale. A tal proposito, si possono richiamare diverse pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario (tra cui una del 2013, al n. 6751), sistema di risoluzione alternativa per le controversie sorte tra banche e consumatori, in cui si sostiene che è da considerarsi illegittima quella segnalazione che permane nonostante sia stata richiesta la cancellazione dell’esposizione debitoria a stralcio e ci sia stata la quietanza liberatoria sottoscritta dal creditore.
Inoltre, è opportuno ricordare che la cancellazione non è immediata, ma la conservazione dei dati del “cattivo pagatore” permane per un periodo di tempo stabilito, che varia a seconda del ritardo nel pagamento delle rate da parte del debitore: se il ritardo, infatti, è di due mensilità o di due rate, la cancellazione dei dati si avrà trascorsi 12 mesi dalla segnalazione; se il ritardo è superiore alle due mensilità, la cancellazione avverrà trascorsi 24 mesi; quando non si ha rimborsato il prestito, al segnalazione permane per i successivi 36 mesi.
È chiaro, a questo punto, che per poter garantire sia al creditore che al debitore di un rapporto creditorio di ottenere i giusti vantaggi e non subire eventuali ulteriori conseguenze negative, rivolgersi a professionisti del settore, soprattutto avvocati specializzati di diritto bancario o finanziario o societario, affinché possano predisporre un accordo stragiudiziale che consenta una transazione bonaria tra le parti priva di risvolti negativi. Non solo. Soprattutto con la riforma avviata col procedimento civile e l’avvio della tanto invocata procedura di negoziazione assistita, prima di attivare concretamente il sistema giudiziario, è opportuno avvalersi di un tentativo di negoziazione, obbligatoria nel caso in cui il debito sia uguale o inferiore ad € 50.000,00, con l’assistenza dei propri legali che sapranno comporre al meglio la controversia. Una riforma, quest’ultima, che ha inteso snellire il procedimento civile, creando un filtro “pre-giudiziale” per evitare di ingolfare di cause e procedimenti i tanto già oberati tribunali del nostro Paese. Risponde a questo appello anche la città di Bari, il cui Tribunale civile riconosce la numerosa presenza di cause civili di esecuzione mobiliare e immobiliare per il riconoscimento di crediti insoluti. E ricordiamo anche le tante organizzazioni e associazioni collaterali, sorte a Bari, per supportare le tante famiglie e consumatori privati che si sono ritrovati in situazioni di difficoltà economica tali da non poter far fronte alla propria situazione debitoria, anche solo per pochi mesi: esempi classici sono gli organismi di mediazione istituiti presso i vari ordini professionali, come quello degli avvocati o quello dei commercialisti, così come le associazioni di categoria per la tutela dei consumatori.
Riassumendo, quindi, possiamo così affermare che le conseguenze di una adeguata transazione a saldo e stralcio consisteranno in: definizione della posizione debitoria col pagamento di un importo determinato e in breve tempo, a saldo del proprio precedente debito e a stralcio, cioè con la riduzione di una quota dello stesso, che può arrivare alla riduzione anche del 40%-50%; l’estinzione totale del debito in seguito alla sottoscrizione della quietanza liberatoria da parte del creditore, che dichiara di non aver null’altro da pretendere; comunicazione da parte della banca/società finanziaria dell’avvenuta transazione al CRIF, con la successiva cancellazione della segnalazione di “cattivo pagatore”, entro i termini previsti.
Nel caso non si raggiungesse, invece, un accordo stragiudiziale tra le parti, la parte creditrice procederà, de plano, con la chiamata in giudizio del debitore attraverso un procedimento monitorio per ingiunzione e un successivo pignoramento mobiliare o immobiliare, dando vita ad una procedura esecutiva nei confronti del debitore e dei suoi beni, atti alla soddisfazione del credito.
Saldo e stralcio: cosa è ?
Nella vita di tutti i giorni sia privati consumatori che imprese effettuano operazioni commerciali che comportano un esborso economico, presente o futuro: i casi da citare sono i più diversificati, dalle imprese che acquistano materie prime da inserire nel ciclo produttivo, al consumatore che vuole acquistare un’automobile; da una società che investe nell’acquisto di un terreno, ad una famiglia che intende comprare beni durevoli per la propria casa. La scelta del pagamento è varia: si può optare per il pagamento immediato come per il pagamento rateizzato, attraverso la predisposizione di un contratto di finanziamento, che consente di spostare nel tempo il versamento delle rate.
Ecco che, per far fronte ai propri impegni economici, sia le imprese che i privati consumatori, contraggano dei debiti sia a breve che a medio/lungo termine. Si pensi, prima di tutto, alle imprese da avviare o già avviate, che devono far fronte a degli esborsi economici relativi alla loro attività, come l’acquisto di mezzi o macchinari, le spese di costituzione di una società, quelle di pubblicità, le spese notarili, le spese di acquisto di immobili e attrezzature varie. Si tratta, generalmente, di impegni economici gravosi a cui spesso non si riesce a far fronte con una disponibilità liquida immediata. Altrettanto possiamo dire per i consumatori privati e le famiglie, spesso interessate dall’acquisto di beni di consumo che richiedono un esborso economico difficile da sostenere nell’immediato. Le famiglie spesso si rivolgono, infatti, società finanziarie o a banche al fine di contrarre prestiti per l’acquisto di immobili e non solo: il richiamo è anche a beni durevoli utilizzabili quotidianamente nella gestione di una casa, come elettrodomestici, o un’auto nuova.
Oggi è possibile, quindi, superare la mancanza di momentanea liquidità o, semplicemente, è possibile dilazionare nel tempo il pagamento di beni di consumo, con la comodità di pagare ratealmente il loro costo, grazie alla possibilità, offerta da intermediari finanziari, di stipulare dei finanziamenti. È opportuno, per dovere di precisione, ricordare che, se è vero che la maggior parte dei finanziamenti è accordata da banche e società finanziarie, può ben accadere che lo stesso contratto possa vertere anche tra due privati.
In entrambi i casi, dunque, sorge un obbligo giuridico per coloro che diventano parti di una transazione commerciale: obbligo di pagare la somma oggetto del rapporto, evitando che il debito diventi una situazione cronica. Può accadere, infatti, che il debitore non paghi il proprio debito nel luogo e nel termine previsto dall’accordo col proprio creditore, diventando in tal modo inadempiente e rischiando di sottoporsi ad una serie di conseguenze giuridiche di non poco conto. Il creditore, in tal caso, potrà attendere bonariamente che il debitore affronti un periodo di momentanea difficoltà economica e concedergli un termine per saldare il suo debito; potrà anche scegliere, trascorso questo periodo, di attivare le procedure esecutive previste dal nostro sistema normativo, attivando un pignoramento mobiliare o immobiliare sui beni del debitore inadempiente. Si tratta di una procedura che dovrebbe essere utilizzata come extrema ratio, considerando la gravosità della stessa, la lungaggine e, soprattutto, la condizione personale dei debitori stessi, spesso costretti a subirla in caso di notevoli difficoltà economiche.
Un modo per poter evitare il ricorso alle vie giudiziarie, almeno in prima battuta, è quello di raggiungere un accordo transattivo stragiudiziale di composizione della situazione debitoria.
Si tratta di un accordo stipulato tra il creditore e il debitore, attraverso cui viene valutata l’esposizione debitoria complessiva e viene proposta una nuova risoluzione della stessa, a vantaggio di entrambe le parti del contratto.
Occorre, prima di tutto, dire che questo accordo può intercorrere tra due soggetti privati oppure tra un privato e la banca o la società finanziaria presso cui è stato attivato un finanziamento; si tratta, genericamente, di un accordo attraverso il quale il debitore si impegna a corrispondere al creditore una somma di importo inferiore rispetto a quella iniziale, e il creditore si impegna ad accettarla, “a saldo e stralcio” del debito inizialmente contratto.
Cosa vuol dire esattamente saldo e stralcio? Stralciare, termine utilizzato soprattutto in diritto commerciale, significa eliminare una parte del debito dovuto, riducendolo e permettendo al debitore di pagarlo in misura inferiore; saldare, invece, vuol dire appunto versare l’ammontare del debito, pagare. Quindi, nel caso in esame, le parti si accordano per ridurre l’ammontare del debito (stralciarlo), prevedendo il pagamento immediato oppure dilazionarlo in quote determinate. Generalmente, però, il saldo e stralcio è conveniente quando prevede il versamento in un’unica soluzione. A volte il risparmio per il debitore può anche essere notevole: si potrebbe arrivare ad una riduzione anche del 60% o 70% della esposizione debitoria. Ovviamente, tutto dipende dal tipo di accordo transattivo che si riesce a raggiungere con il creditore e dalla tipologia del debito da transigere.
I vantaggi non sono solo per il debitore, che vedrà ridotto l’ammontare del suo debito, ma anche per il creditore, il quale preferirà pretendere ed ottenere una somma inferiore ma istantanea, e non attendere l’esito di un processo o di una procedura esecutiva. La certezza dei tempi celeri, quindi, gioca sicuramente a suo vantaggio, così come evita tutte le spese di giustizia e le procedure di recupero, con un notevole risparmio anche economico.
Entrando nel merito dell’accordo di transazione, è importante distinguere a seconda che lo stesso intercorra tra due privati, o tra un privato e la banca o una intermediaria finanziaria.
Analizziamo, prima di tutto, l’accordo transattivo tra due privati. È frequente l’esistenza tra due privati di una relazione di credito/debito da cui possa derivare una situazione di insolvenza: il caso classico potrebbe essere quello di una impresa che ha acquisto un macchinario di un importo pari a € 35.000,00 da versare in due rate a distanza di 6 mesi e si trovi in difficoltà nel saldare la relativa fattura; in tal caso, si potrebbe raggiungere un accordo con il proprio fornitore, a saldo e stralcio della posizione debitoria, con il versamento di un importo pari ad € 20.000,00 da versare entro 10 giorni. L’accordo in esame, per poter tutelare entrambe le parti, non deve consistere però in una semplice modifica del precedente contratto stipulato tra i due, ma di un vero e proprio nuovo contratto che comporta una c.d. novazione oggettiva in termini giuridici. Ciò vuol dire che le parti dovranno stipulare un nuovo accordo, che dovrà sostituire il precedente, di modo che il creditore, nella eventualità che anche il secondo accordo venga disatteso dal debitore, non possa fare rifermento al contratto iniziale, ma dovrà tutelarsi invocando il nuovo accordo. Inoltre, nel momento in cui riceverà il suddetto pagamento, dovrà firmare e consegnare una quietanza liberatoria, attestando di aver ricevuto l’importo concordato e di non aver null’altro da pretendere, a definizione della situazione debitoria.
Ma la situazione di prolungato indebitamento può riguardare anche il rapporto tra privati e istituzioni bancarie/finanziarie: possiamo pensare, ad esempio, ad una famiglia che ha contratto un prestito a medio/lungo termine e che ha accumulato rate per una esposizione debitoria pari ad € 75.000,00. Cosa accade in tal caso? Anche con la banca o la società finanziaria, creditrice del rapporto, sarà possibile raggiungere un accordo transattivo stragiudiziale, a vantaggio del debitore che potrà proporre un importo inferiore da saldare, e a vantaggio della banca, che non dovrà accedere alle procedure esecutive nei confronti del suo cliente, risparmiando anche in termini di oneri processuali e spese di giustizia. Spesso accade che le banche accettino un accordo nel caso in cui l’esposizione debitoria superi un certo ammontare, rilevandone la convenienza. In ogni caso, la banca, prima di procedere alla stipulazione dell’accordo novativo stragiudiziale, dovrà effettuare la segnalazione al CRIF e alla Centrale Rischi della Banca di Italia della situazione debitoria del correntista. Spesso poi accade che le banche si affidino a società terze di recupero crediti, affidando loro il portafoglio clienti, e saranno queste società a stipulare, per conto delle banche, a contattare i clienti in posizione debitoria e a verificare le condizioni per raggiungere degli accordi transattivi.
Per entrambe le ipotesi esaminate occorre fare una precisazione: sia i privati, che le imprese e le aziende, che le società finanziarie, possono analizzare gli accordi transattivi ma la relativa accettazione ne costituisce solo una facoltà, e non un diritto. Questo significa che le parti sono e rimangono nella totale libertà di poter stipulare l’accordo transattivo stragiudiziale o di seguire il normale iter giuridico per il recupero coattivo delle somme, adendo la competente autorità giudiziaria.
Una novità introdotta negli ultimi anni in relazione agli accordi stragiudiziali di saldo e stralcio dei debiti è quella di ricorrere alla negoziazione assistita: nel caso specifico in cui l’ammontare del debito sia uguale o inferiore ad € 50.000,00 e la parte creditrice intende procedere al recupero giudiziale delle somme, dovrà obbligatoriamente attivare prima il procedimento di negoziazione assistita. Si tratta di un procedimento attivato dall’ultima riforma del processo civile e che consente di raggiungere un accordo tra le parti, grazie alla intermediazione e alla professionalità degli avvocati, senza ricorrere al giudice. Le parti, in questo caso, si impegneranno a collaborare, secondo buona fede e lealtà, e a cooperare al fine di comporre la controversia cercando la soluzione migliore.
Spetterà agli avvocati condurre la procedura, redigere la proposta transattiva corredata di tutta la documentazione, da cui emerge la difficoltà del debitore nel saldare i propri debiti, e valutare le eventuali insidie che potrebbero sorgere, al fine di tutelare al meglio sia il creditore che il debitore.
Con il proliferarsi di queste situazioni di difficoltà economica e, soprattutto, con l’avvio della riforma che obbliga la procedura di negoziazione assistita, diversi sono stati gli organismi e le associazioni, anche nella città di Bari, che consentono il giusto supporto al debitore. Sicuramente rientrano in questo elenco meramente indicativo gli stessi organismi di conciliazione previsti dai diversi Ordini professionali, come quello degli avvocati o dei commercialisti e revisori contabili, che offrono supporto e consulenza non solo nel caso di sovraindebitamento alle imprese, ma anche a famiglie e a consumatori privati. A questi si aggiungono anche i diversi organismi privati di mediazione e negoziazione, composta da avvocati, o le diverse associazioni di consumatori, che si sono attivati per poter garantire la migliore assistenza per trovare la soluzione più idonea alle diverse esigenze.