In attesa di conoscere i dettagli del Decreto Rilancio, c’è qualcosa che preoccupa fortemente il motore economico italiano (imprenditori e commercianti).
La sospensione di protesti e segnalazioni C.A.I. prevista dal Decreto Cura Italia per cambiali e altri titoli di credito è scaduta il 30 aprile. Imprenditori e commercianti rischiano di trasformarsi in “cattivi pagatori” per protesto e la Centrale rischi CAI fa tremare.
In teoria, dal 1° maggio scorso (che ha coinciso, paradossalmente, con la Festa dei Lavoratori), imprenditori e commercianti onesti rischiano il protesto per cambiali e assegni postdatati. Non possono pagarli per mancanza di liquidità.
Con l’eventuale iscrizione alla CAI (Centrale di allarme interbancaria) l’impresa protestata non potrà accedere al credito bancario né ai finanziamenti agevolati tramite garanzie disposte dallo Stato per l’emergenza Covid-19.
Riguardo alla bozza del Decreto Rilancio (che conta oltre 430 pagine e 258 articoli) sono stati finora accennati diversi punti.
La super manovra anti-crisi affronta il salvataggio Alitalia, il bonus autonomi, riqualificazioni edilizie, lavoro, sanità, trasporti, reddito di emergenza, lavoratori migranti, agevolazioni e sconti fiscali, il nodo Irap.
Introduce nuovi interventi per uscire dall’emergenza, conferma i 10 miliardi da destinare a nuovi aiuti alle imprese.
Cosa bolle in pentola riguardo alle garanzie su liquidità e crediti commerciali? Cosa succederà a tutti gli imprenditori e commercianti che hanno emesso assegni postdatati o cambiali a fornitori prima che scoppiasse la pandemia?
“Cattivi pagatori”: protesto e centrale rischi CAI colpiranno gli imprenditori onesti?
Per il Decreto Rilancio, il governo sta valutando lo stop al pagamento di saldo e acconto Irap per le imprese tra 5 e 250 milioni di ricavi che hanno riportato perdite a causa del lockdown Covid-19.
Stop e sospensioni di tasse non significa detassazione. Prima o poi, le imprese e i commercianti dovranno pagare il dovuto accumulato nel tempo. Il blocco delle attività e l’impossibilità di onorare i pagamenti e gli impegni anche con i fornitori rischia di trasformare commercianti ed imprenditori onesti in cattivi pagatori.
Da vittime del lockdown passerebbero a vittime di un’insolvenza di cui non hanno alcuna responsabilità.
Molti rischiano di chiudere, altro che riaprire. Nessun credito di imposta può permettere alle imprese di inventarsi soldi che non ci sono e che servono per continuare a pagare dipendenti, spese fisse, fornitori. C’è anche l’obbligo di sanificazione, l’acquisto di tecnologie per l’attività lavorativa, operazioni che costano.
Se oggi un’attività può, comunque, scegliere se riaprire o no, due mesi fa nessuno ha scelto di chiudere. Il lockdown forzato ha indebolito le attività che devono pagare i fornitori in un periodo di totale inattività e di perdita.
Grazie al Decreto Cura Italia 23/2020, dal 9 marzo al 30 aprile 2020 sono stati sospesi i termini di scadenza per cambiali, assegni e altri titoli di credito ma ora? Ritardare i pagamenti non basta senza un aiuto concreto da parte dello Stato che copra il buco di una generale mancanza di liquidità.
Fino al 30 aprile è stato possibile scansare il rischio. Ora, per i presunti “cattivi pagatori”, protesto e centrali rischi CAI come è possibile evitarli?
Il Decreto Rilancio non può evitare di rispondere a questa domanda.
La Circolare n. 3723 – 15 aprile 2020 del Ministero dello Sviluppo Economico, in riferimento all’art. 11 del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23, aveva concluso: “si riserva di emanare apposite indicazioni specifiche nell’immediato futuro”.
L’immediato futuro è arrivato. Gli occhi sono tutti puntati sui contributi a fondo perduto destinati alle imprese. Basteranno per sanare le perdite e i danni economici?
Prestiti alle imprese garantiti dallo Stato: potrebbero finire nelle mani delle mafie
E’ difficile immaginare imprenditori e commercianti onesti travolti dalla crisi per l’emergenza Covid-19 che vengono bollati come “cattivi pagatori”. Un protesto o la centrale rischi CAI sono più associabili a gente mossa da certe illecite intenzioni. Bisogna, piuttosto, controllare l’operato dei veri criminali, delle mafie.
I capi delle Procure di Milano e Napoli, Francesco Greco e Giovanni Melillo, hanno lanciato un allarme.
Chiedono “urgenti correzioni di rotta” sulle disposizioni del Decreto Liquidità varato dal governo per facilitare l’accesso al credito. Perché? Con questo decreto lo Stato rischia di finanziare imprese mafiose ed evasori.
I prestiti alle imprese garantiti dallo Stato rischiano di favorire la criminalità organizzata.
In particolare, Francesco Greco segnala “strumenti di controllo inadeguati”. Non è stato previsto nessuno strumento tecnico-giuridico. Chi accede al credito deve attestare di non essere sottoposto a procedimenti gravi. L’utilizzo dei fondi richiesti dalle imprese deve essere tracciato per verificare la correttezza della destinazione d’uso.
Bisogna dire sì all’obbligo del certificato antimafia.
A giudicare dal Dl Liquidità, tutto sembra demandato alla ‘buona volontà’ di Sace e delle banche. Occorre, invece, verificare la ‘clientela’ sia in fase di concessione del finanziamento sia in quella di monitoraggio.
A proposito di rischio usura …
Insomma, mentre imprenditori e commercianti onesti (vittime della crisi) rischiano di finire nella black list della CAI come “cattivi pagatori” per il protesto di assegni postdatati e cambiali, i fondi stanziati dal Decreto Liquidità potrebbero finire nelle mani delle mafie, degli usurai. Sembra paradossale ma è così.
Le restrizioni dovute all’emergenza Covid-19 stanno prosciugando la liquidità di singoli cittadini e imprese. Piccoli e grandi imprenditori rischiano di essere protestati e sanzionati.
Questo pericoloso meccanismo potrebbe innescare un processo perverso: favorire il malaffare, creare nuove vittime dell’usura.
E’ necessario impedire che l’emergenza Coronavirus, nella delicata Fase 2, partorisca negozianti, artigiani, commercianti e imprenditori impossibilitati a rialzare le saracinesche delle proprie aziende, quando tutto sarà passato.
Per cambiali ed assegni scoperti a causa della mancanza di liquidità, non si dovrebbero condannare le vittime della crisi.
Lo Stato dovrebbe, in alternativa – come ha proposto il deputato siciliano leghista Nino Minardo – farsi garante con le banche per consentire un fido extra a chi non potrà incassare assegni e cambiali.
Cosa rischiano i “cattivi pagatori”: protesto, centrale rischi CAI e non solo
Per cambiali e assegni post-datati non pagati, ecco cosa rischia il debitore:
- protesto e registrazione nell’apposito registro della Camera di Commercio con segnalazione per 5 anni;
- pignoramento dei propri beni per l’importo dell’assegno non pagato;
- impossibilità di emettere altri assegni per un periodo variabile da 2 a 5 anni;
- inserimento del proprio nominativo nel registro cattivi pagatori nella CAI;
- pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste (variabili a seconda dell’importo non pagato);
- interdizione dell’esercizio della propria attività per un periodo variabile (da 2 mesi a 2 anni) se l’importo non pagato supera i 51.645,69 euro.
Il debitore viene “segnalato” e il protesto diventa una conseguenza quasi inevitabile, grave e dannosa per l’imprenditore, il commerciante, l’artigiano o il professionista.
L’atto di protesto è pubblico – redatto da un notaio o da un ufficiale giudiziario – con cui si certifica e si attesta il mancato pagamento di un assegno.
Si finisce nella black list dei cattivi pagatori con iscrizione nella CAI (archivio pubblico controllato dalla Banca d’Italia) soltanto per i debiti contratti con istituti di credito e finanziarie.