Come si svolge la procedura del sovraindebitamento?

La Legge n. 3/2012, definita anche come “legge salva suicidi”, ha introdotto nel nostro ordinamento una soluzione transattiva per tutti coloro che si trovano in stato di sovraindebitamento. Si definisce tale quella situazione caratterizzata da uno “squilibrio persistente tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.

La crisi economica perdurante ha, infatti, provocato situazioni di difficoltà finanziaria non solo per le imprese, per le quali già vige la normativa relativa alle procedure concorsuali, ma anche per tutti coloro che subiscono le fluttuazioni del mercato, indebitandosi ad oltranza e non ottemperando alle proprie obbligazioni.

Gli esempi che si possono fare sono i più disparati: si pensi ai liberi professionisti, come avvocati o contabili; si pensi alle famiglie e ai privati consumatori, che subiscono reali situazioni di difficoltà economica in seguito alla perdita improvvisa del posto di lavoro, oppure per spese improvvise e necessitate come quelle da affrontare per una malattia; ancora, pensiamo alle associazioni o agli enti che non svolgono attività commerciale e che necessitano ugualmente di tutela, in caso di squilibrio economico.

Qualora si verifichi, dunque, una crisi di liquidità per tali soggetti, oggi è possibile, grazie alla predetta legge, attivare una procedura di esdebitazione, che consente di aiutare concretamente i soggetti indebitati a far fronte alle proprie obbligazioni, attraverso dei meccanismi di composizione transattiva e dei piani personalizzati di pagamento del debito.

Concretamente, i soggetti che possono ricorrere a questa procedura sono: famiglie e privati consumatori; piccoli imprenditori, artigiani e commercianti non soggetti alla legge sul fallimento e ad altre procedure concorsuali; liberi professionisti; enti e associazioni del no profit. Le procedure attivabili da queste categorie per ricomporre i propri debiti, e che dovrebbero realizzare il c.d. discharge, ossia la cancellazione dei debiti pregressi, sono tre:

  1. Il piano del consumatore; si tratta di una proposta di pagamento rateizzato dei debiti, che il debitore privato cittadino propone ai propri creditori;
  2. L’accordo di ristrutturazione del debito; saranno gli enti e tutte le imprese, non soggette a fallimento, a presentare un piano di pagamento dei propri debiti, il quale dovrà ottenere l’accettazione del 60% dei creditori;
  3. La liquidazione del patrimonio, ossia la cessione, da parte del debitore, del proprio patrimonio al fine di ottemperare alle proprie obbligazioni. Sono esclusi dalla cessione dei beni quelli non pignorabili, quelli necessari per il sostentamento della propria famiglia, quelli per il mantenimento e l’alimentazione.

Per tutte le ipotesi suddette, il debitore (sia privato che piccolo imprenditore) dovrà predisporre una proposta, un piano di rientro o un accordo, per cui si richiede l’intervento di un professionista esperto contabile, che dovranno essere valutati e approvati anche dal Giudice del Tribunale presso cui si presenta l’istanza di composizione della crisi. La proposta di accordo dovrà essere depositata presso il Tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore. Il consumatore, a sua volta, dovrà depositare la proposta di piano presso il Tribunale del luogo ove ha la residenza. 

La proposta (sia accordo che piano) deve contenere: l’elenco di tutti i creditori; l’elenco di tutti i beni e degli atti di disposizione su di essi compiuti negli ultimi cinque anni; le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni (nel caso di accordo); l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento della famiglia; la composizione del nucleo familiare; le scritture contabili degli ultimi tre esercizi con dichiarazione di conformità all’originale (nel caso di accordo del “debitore non fallibile”); la dichiarazione degli eventuali redditi percepiti. La proposta verrà poi sottoposta al vaglio dell’Organismo di Composizione della Crisi da Sovraindebitamento (O.C.C.), composto da professionisti, consulenti contabili e commercialisti, che valuteranno la stessa, faranno le opportune verifiche contabili e dichiarative, esprimeranno un giudizio di fattibilità sulla stessa, relazionandone l’esito al Giudice istruttore. Gli O.C.C. sono stati costituiti ad hoc, con la nuova legge sul sovraindebitamento, da enti pubblici (si riscontrano presso i vari Tribunali e le Camere di Commercio) e sono iscritti in un apposito registro; hanno il precipuo compito di svolgere attività di assistenza al debitore, al fine di superare la crisi di liquidità; di risolvere le difficoltà che possono insorgere nel corso della esecuzione dell’accordo e di vigilare sull’esatto adempimento dello stesso.

A tal proposito, è opportuno distinguere le varie fasi della procedura da sovraindebitamento, a seconda che si presenti un piano del consumatore, un accordo di ristrutturazione del debito o la liquidazione del patrimonio del debitore.

Cerchiamo di analizzarle singolarmente.

Fasi del piano del consumatore

  1. Redazione della proposta da parte del debitore, con l’ausilio dell’O.C.C. e deposito della stessa;
  2. Valutazione del piano di ricomposizione della situazione debitoria da parte del Giudice, il quale esprime un giudizio di fattibilità dello stesso in relazione ai presupposti esistenti al fine di attivare la procedura e un giudizio di meritevolezza sul comportamento complessivo del debitore privato, anche sulla base di una relazione particolareggiata presentata dall’O.C.C. e sulla sua mancanza di colpa nella determinazione della situazione di insolvenza;
  3. I creditori potranno essere convocati in Udienza e ascoltati, ma non è prevista l’obbligatorietà della loro accettazione né è richiesto un loro accordo preventivo;
  4. L’O.C.C. provvede ad informare i creditori del decreto di ammissione alla procedura, del piano di rientro e della data dell’Udienza di omologa almeno 30 gg prima dell’Udienza stessa;
  5. Nel corso dell’Udienza di omologa del piano del consumatore, i creditori potranno opporsi al piano, sollevando delle contestazioni circa la convenienza del piano; in tal caso, il Giudice potrà procedere alla omologazione solo se ritiene che il credito di chi solleva la contestazione possa essere utilmente soddisfatto sulla base del piano presentato. L’omologazione deve avvenire entro il termine di 6 mesi dal deposito della proposta, ma il termine non si considera perentorio;
  6. Eventuale opposizione dei creditori al decreto di omologa del piano del consumatore, attraverso reclamo al Tribunale competente.

Fasi dell’accordo di ristrutturazione del debito

  1. Redazione della proposta da parte del debitore, con l’ausilio dell’O.C.C. e deposito della stessa;
  2. Fissazione dell’Udienza di ammissione alla procedura, in cui il Giudice valuta la proposta di ristrutturazione del debito da parte del debitore “non fallibile”, esprimendo un giudizio di legittimità dell’atto, relativamente alla esistenza dei requisiti di ammissibilità alla procedura, e un giudizio di fattibilità della proposta;
  3. Intervento dell’Organismo di Composizione della Crisi, che provvederà alla formazione del passivo e a verificare l’esistenza della maggioranza necessaria per approvare l’accordo. Qualora si riscontri l’avvenuto raggiungimento della maggioranza, i professionisti competente dell’O.C.C. redigeranno una relazione particolareggiata sull’accordo, sul quorum ottenuto e sulle eventuali contestazioni presentate dai creditori, e la trasmetteranno al Giudice competente;
  4.  Udienza di omologazione, in cui sarà possibile l’audizione dei creditori coinvolti dall’accordo, i quali dovranno votare la proposta presentare per il risanamento della crisi. Al fine di ottenere l’omologazione, cioè per poter esplicare efficacia nei confronti dei creditori, l’accordo dovrà ottenere il consenso di creditori che rappresentino almeno il 60% dell’ammontare dei crediti. Gli stessi saranno, dunque, interpellati dal Tribunale competente perché solo con il voto favorevole della predetta percentuale, l’accordo proposto verrà accettato e diventerà vincolante e obbligatorio sia per il debitore che per i creditori intervenuti;
  5. Pubblicazione della omologa nel Registro delle Imprese e presso gli uffici competenti a cura dell’O.C.C.;
  6. Fase esecutiva attuata dall’O.C.C., che provvederà anche alla liquidazione dei beni del debitore al fine di soddisfare le pretese creditore, come da accordo omologato.

Fasi della liquidazione del patrimonio del debitore

  1. Redazione della proposta da parte del debitore, con l’ausilio dell’O.C.C., che dovrà includere un inventario dei beni in suo possesso ai fini della vendita, e deposito della stessa. Tutta la documentazione prodotta dovrà consentire la ricostruzione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria del debitore;
  2. Fissazione dell’Udienza in cui il Giudice valuta la proposta di liquidazione del patrimonio, esaminando i requisiti di ammissibilità alla procedura, e provvede alla nomina di un liquidatore o affida il relativo incarico allo stesso O.C.C., ordinando lo spossessamento dei beni oggetto della liquidazione in favore del liquidatore;
  3. Predisposizione dell’inventario da parte del liquidatore e comunicazione ai creditori della possibilità di presentare domanda di ammissione al passivo; i creditori hanno 15 gg di tempo per presentare eventuali osservazioni al liquidatore / O.C.C., il quale dovrà valutarle e, nel caso, accoglierle;
  4. Approvazione dello stato passivo e relativa comunicazione ai creditori, con successivo deposito dell’inventario e dello stato passivo presso la Cancelleria del Tribunale;
  5. Fase della liquidazione: trascorsi 30 gg dal deposito dello stato passivo, il liquidatore dovrà presentare il programma di liquidazione, informando sia i creditori che il venditore delle relative operazioni di vendita, e procederà con la liquidazione secondo la tempistica del programma. Il ricavato ottenuto dalla liquidazione servirà per ripagare i debiti contratti, sulla base della proposta presentate e approvata.

Per tutte e tre le procedure esaminate è importante specificare che sia l’accordo di ristrutturazione che il piano del consumatore, così come il piano di liquidazione, sono obbligatori per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la dovuta pubblicità dell’accordo o in cui è stato omologato, con decreto del Giudice, il piano di rientro o di liquidazione; a maggior ragione, dunque, i creditori che presentino causa o titolo posteriore non potranno procedere esecutivamente sui beni che sono oggetto dell’accordo o del piano.

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