SUPERAMENTO DEL LIMITE DI FINANZIABILITÀ’ DELL’80% DEL VALORE IMMOBILE OGGETTO DELLA GARANZIA: NULLITÀ’ DEL MUTUO FONDIARIO
(IL PUNTO DOPO LA SENTENZA N. 17352 DEL 13 LUGLIO 2017, L’ORDINANZA N. 6586 DEL 16 MARZO 2018, L’ORDINANZA N. 11201 DEL 9 MAGGIO 2018 E ORDINANZA N. 24138 DEL 3 OTTOBRE 2018)
1. LE “RAGIONI” DELLA TESI DELLA NULLITÀ’ DEL CONTRATTO.
Con una recentissima ordinanza del 3.10.2018, la n. 24138, la Corte di Cassazione ha statuito la nullità del mutuo fondiario in caso di violazione del limite di finanziabilità posto dall’art. 38 del TUB dichiarando “definitivamente superato l’indirizzo interpretativo che ne sancisce la validità”
La Suprema Corte ha motivato la professata statuizione attribuendo alla condotta posta in essere dall’Istituto di Credito la violazione dell’art. 1418, co. 1, c.c. in quanto finalizzata alla elusione del disposto di cui all’art. 2741 c.c..
Secondo il Giudice di legittimità, infatti, “il limite massimo di finanziabilità del credito fondiario, regola l’oggetto del contratto; non già la condotta precontrattuale o esecutiva del rapporto […] è requisito che attiene alla sostanza del rapporto […] caratteristica strutturale di base del mutuo fondiario”. In altre parole, quindi, il valore massimo finanziabile costituisce elemento essenziale del contratto tipico e come tale imprescindibile componente dell’oggetto del negozio.
Nello specifico, ciò che viene ravvisata è la mancanza dell’oggetto del contratto tipico da cui deriva la perdita della sua qualifica di “fondiario”.
Vieppiù, nella pronuncia in commento viene denunciata la violazione della norma imperativa di cui all’art. 2741 c.c. che statuisce uno dei principi cardine del nostro ordinamento: la c.d. par condicio creditorium. (“i creditori hanno uguale diritto di ottenere soddisfazione delle proprie pretese sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”).
E’ indubbio, infatti, che i vantaggi principali del credito fondiario si rinvengano nelle sottrazioni revocatorie di cui all’articolo 39, comma 4 e nella disciplina del “procedimento esecutivo” di cui all’articolo 41 TUB e, quindi, siano poste a completo favore dei creditori fondiari.
Da ciò deriva che la causa del contratto risulti illecita, in quanto l’atto negoziale tipico è finalizzato a far conseguire all’Istituto di Credito una causa di prelazione illegittima, sproporzionata nonché ulteriori vantaggi appena richiamati, in frode agli altri creditori. Tale condotta risulta, pertanto, a parere dei Giudici di legittimità, contraria all’ordine pubblico economico.
La contrarietà all’ordine pubblico economico della violazione in esame risulta, altresì, evidente in considerazione della ratio che regge l’istituto giuridico del mutuo fondiario. Tale fattispecie contrattuale, infatti, “concede” agli Istituti di Credito di poter costituire la causa di prelazione esclusivamente nei limiti stabiliti dalla legge. Ciò in quanto la norma effettua una ben precisa valutazione (inconfutabile se non dalla legge stessa) del futuro “rientro” dell’erogato.
Tale scelta del legislatore è stata posta sia a tutela degli Istituti di Credito ed, infatti:
“Il mutuo fondiario e’ operazione che si connota per concentrare la copertura del rischio di rientro dell’erogato sul solo immobile “mobilizzato” e contestualmente iscritto in ipoteca di primo grado. In via correlata, la peculiarita’ dell’operazione, che e’ forte, sta nel suo definitorio prescindere – per la copertura di detto rischio (e, quindi, per l’effettivo accesso a questo credito) – da considerazioni di ordine patrimoniale ex articolo 2740 c.c. e/o di ordine reddituale sul mutuatario debitore.
La prescrizione normativa del limite di finanziabilita’ risponde, dunque, all’esigenza di escludere, di conseguenza, la pratica possibilita’ di operazioni che – secondo la scelta di politica economica adottata dal legislatore – non presentano ex ante sufficienti prospettive di effettiva fattibilità’ e buon esito….”
(Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 maggio 2018, n. 11201)
sia a tutela della parte mutuataria:
….sia di escludere operazioni che espongono il mutuatario debitore ai rischi espoliativi (quanto, in specie, alla residua parte del suo patrimonio) ovvero di pura sorte. Nel tutelare il debitore da operazioni di rischio per lui eccessivo (ancora oggi si trova, in dottrina, l’affermazione che l’oggettivo interesse del mutuatario sarebbe comunque quello di ottenere il maggior credito possibile: non si vede tuttavia la ragione, prima di tutto normativa, per cui un soggetto dovrebbe assumersi impegni che non potra’ permettersi di onorare) e i suoi creditori altri” (Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 maggio 2018, n. 11201).
2. CONSEGUENZE DELLA NULLITÀ’ DEL MUTUO FONDIARIO. POSSIBILE CONVERSIONE IN UN MUTUO IPOTECARIO ORDINARIO. IL CAPITALE EROGATO DEVE ESSERE RESTITUITO
Una volta acclarato che il superamento del limite di finanziabilità del contratto di mutuo comporti la nullità del negozio rimane da appurare quali siano le conseguenze scaturenti da tale declaratoria.
Una parte della Giurisprudenza di merito propende per la conversione “automatica” del contratto di mutuo fondiario nullo in un contratto di mutuo ipotecario ordinario.
Orbene, come ben messo in evidenza dalla sentenza n. n. 17352 del 13 luglio del 2017 della Corte di Cassazione, il disposto di cui all’articolo 1424 c.c. statuisce che “il contratto nullo può, non deve, produrre gli effetti di un contratto diverso”.
Pertanto, non risulta corretto l’assunto della conversione “automatica”, in quanto il mutuo fondiario è una fattispecie contrattuale ben distinta dal mutuo ipotecario ordinario, teso a porre in essere un’operazione diversa nella forma, nei contenuti e negli effetti.
La Suprema Corte, nella ordinanza su citata del 9 maggio 2018, ha – infatti – chiarito che “se dalle evidenze documentali emerge che il contratto a cui hanno dato corso le parti si intesta in un mutuo fondiario significa che queste hanno inteso e voluto propriamente porre in essere non un qualunque mutuo, bensì’ un fondiario.”
Quali sono quindi gli elementi su cui indagare per verificare se un mutuo fondiario possa effettivamente essere convertito in un mutuo ipotecario ordinario?
“Ha rilevato la pronuncia di Cassazione n. 6586/2018, che per potere procedere all’effettiva conversione di un fondiario nullo in un mutuo valido occorre riguardare all’intento pratico oggettivo, tratto cioe’ dal puntuale esame del contesto delle circostanze proposte dal caso concreto, che viene a contraddistinguere l’operazione che e’ stata posta in essere.
L’indagine andra’ dunque a verificare se il credito sia stato erogato nella consapevolezza, o meno, del fatto che il valore dell’immobile non raggiungesse lo scarto richiesto dalla legge ovvero pure se il conseguimento dei peculiari “vantaggi fondiari” abbia costituito la ragione unica, o comunque determinante, dell’operazione. Secondo il preciso disposto dell’articolo 1424 c.c., l’indagine sara’ effettuata con riferimento a ciascuna delle parti dell’operazione; e tenuto conto, tra l’altro, che la misura del credito da erogare e la dimensione dei “privilegi” voluti dal mutuante costituiscono, per regola, proprio i momenti topici delle trattative relative al genere di operazioni di finanziamento di cui si sta discorrendo.”
E’ esclusa, quindi, la conversione automatica ma non è invece preclusa la possibilità di provare con ogni mezzo la sussistenza di tutti gli elementi, sia soggettivi che oggettivi necessari alla conversione del negozio fondiario in quello ipotecario ordinario.
In tema di onere probatorio, a parere di chi scrive, al mutuatario che voglia far valere la nullità del contratto spetterà esclusivamente provare il suo interesse ad agire ed ottenere la declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 100 c.p.c., mentre a carico della Banca graverà l’onere di provare gli elementi che possano determinare la convertibilità del contratto; tanto in quanto, come espresso dalla Suprema Corte nell’ordinanza del 9.05.2018, in ordine al valore probatorio del dato formale, “se dalle evidenze documentali emerge che il contratto a cui hanno dato corso le parti si intesta in un mutuo fondiario significa che queste hanno inteso e voluto propriamente porre in essere non un qualunque mutuo, bensì’ un fondiario.”.
3. QUANDO LE “ULTERIORI GARANZIE” PRESTATE “SALVANO” IL CONTRATTO DALLA DECLARATORIA DI NULLITA’?
Ulteriormente, occorre mettere in evidenza che ai sensi della Delib. CICR dell’aprile 1995, emanata in applicazione della norma dell’articolo 38, comma 2 TUB, possono fungere da “garanzie integrative” ai fini dell’innalzamento del limite massimo di finanziabilita’ dall’80% al 100% solo determinate categorie – o tipologie – di garanzie, che siano altresi’ ritenute “idonee” sulla base di criteri in generale predisposti dalla Banca d’Italia.
Tra le tipologie di garanzie utilizzabili in proposito – come indicate dalla Banca d’Italia (in G.U. n. 76, 2 aprile 2005) sulla scorta della disposizione della Delib. CICR – non rientra la fideiussione prestata da semplici societa’ a responsabilita’ limitata o da persone fisiche. Del resto, il livello di affidabilita’ patrimoniale, che risulta coerente alle tipologie di garanzie integrative, si attesta sulla linea di quella data dallo Stato, dalle compagnie di assicurazione e da talune delle imprese disciplinate dal testo unico bancario (cfr. sul punto la gia’ citata pronuncia di Cass., n. 9079/2018).
4. DECLARATORIA DI NULLITA’ DEL CONTRATTO DI MUTUO FONDIARIO OBBLIGO DEL MUTUATARIO ALLA RESTITUZIONE DEL SOLO CAPITALE
Infine, l’ordinanza del 9.05.2018 chiarisce che “l’accertata nullita’ del titolo negoziale manifesta la mancanza di giustificazione causale della permanenza delle somme erogate nel patrimonio del mutuatario, con connessa applicabilita’ della norma dell’articolo 2033 c.c..”
Da ciò si evince che, qualora venisse accertata la nullità del contratto di mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità e non si dovessero ravvisare elementi idonei a consentire la conversione in un mutuo ordinario ipotecario, il mutuatario dovrebbe restituire all’Istituto di Credito esclusivamente il capitale erogato.