Emergenza liquidità per le aziende Covid-19: sanatoria per assegni postdatati?

E’ in corso una gravissima emergenza nell’emergenza: la liquidità per le aziende per la crisi Covid-19. Restrizioni e chiusura obbligatoria hanno causato serie difficoltà ad imprenditori e commercianti.
Prima del forzato lockdown, avevano dato in pagamento ai fornitori assegni postdatati che ora non possono più onorare per mancanza di liquidità.
Gli assegni posdatati lasciati in garanzia per acquisto merci sono una prassi contraria alla legge, alle norme imperative. Resta, pur sempre, una prassi tollerata, molto diffusa nei rapporti commerciali tra fornitori e clienti abituali.
Cosa succederebbe se gli assegni postdatati venissero portati all’incasso?
Con l’attuale crisi di liquidità innescata dall’emergenza Coronavirus, i conti correnti risulterebbero insufficienti per coprirli e per consentire il pagamento.
Imprenditori e commercianti rischiano il protesto con conseguenze gravissime: sanzioni pecuniarie, pignoramento dei beni per l’importo non pagato, impossibilità di emettere assegni, iscrizione nella CAI (centrale di allarme interbancaria).
Attualmente, il Decreto Cura Italia non prevede alcuna disposizione né sostegno alle imprese in questo senso.
Il deputato calabrese leghista Domenico Furgiuele ed il governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci hanno avanzato due proposte per salvare gli imprenditori onesti da queste gravissime conseguenze che non li vedono direttamente responsabili dell’insolvenza.

Emergenza liquidità per le aziende Covid-19: le proposte di Furgiuele e Musumeci
E’ un durissimo nodo da sciogliere il problema degli assegni postdatati in questo clima di emergenza liquidità per le aziende a seguito del lockdown per il Covid-19.
Per evitare i protesti e l’iscrizione in centrale rischi sugli assegni rimasti impagati per mancanza di fondi, il deputato leghista calabrese Domenico Furgiuele ha avanzato una proposta per “curare” questa allarmante situazione.
“Il decreto Cura Italia deve prevedere la temporanea impossibilità di elevare protesto commerciale dei titoli che risulteranno impagati a causa della mancanza di liquidità causata alle imprese dal prolungato periodo di chiusura” ha dichiarato Domenico Furgiuele nella sua proposta diffusa su adnkronos.
Oltretutto, prosegue il deputato leghista, bisognerebbe sospendere la distruzione alla centrale rischi per tutte le imprese che, a fine mese, non possano materialmente onorare assegni e scadenze cambiarie. Gli imprenditori onesti in seria difficoltà non possono subire anche la beffa di essere qualificati come cattivi pagatori. Bisogna muoversi subito, la questione è più che mai urgente.
Dal canto suo, il governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha chiesto una sanatoria per gli assegni postdatati allo scopo di salvare imprenditori e commercianti dai protesti e dall’iscrizione nella black list della CAI pregiudicando, in tal modo, i finanziamenti futuri, quando l’emergenza Covid-19 sarà finita.
Gli assegni postdatati sono contrari alla legge (irregolari), seppure utilizzati in pratica. In questo momento, bisogna guardare in faccia la realtà. Non vanno protestati. Una prospettiva del genere causerebbe il blocco nel sistema dei pagamenti.
Detto questo, Musumeci ha annunciato che la Regione Sicilia presenterà un emendamento al decreto Cura Italia. Un emendamento che chiederà una “sanatoria a termine” con la sospensione di 6 mesi degli assegni postdatati. No ai protesti in piena emergenza nell’emergenza Coronavirus.

Emergenza liquidità per le aziende: il Covid-19 non deve distruggere l’economia italiana
La pandemia Covid-19, oltre a mietere vittime, sembra destinata a trasformare centinaia di P.M.I. in seriali distributori di assegni a vuoto, fuorilegge e insolventi. Un paradosso, una beffa al centro di una crisi economica che nessuno poteva prevedere.
La crisi innescata dal Coronavirus, dopo aver tolto liquidità a ristoranti, cinema, negozi, ecc., rischia di produrre imprenditori sanzionati, protestati, iscritti nella CAI.
Imprese che, accusando il colpo del lockdown forzato, devono continuare a pagare affitto, stipendi, forniture.
Ci sarà un intervento lampo del governo? I nostri governanti hanno idea di quello che potrebbe succedere se andassero protestati tutti i commercianti e gli imprenditori impossibilitati ad onorare gli assegni postdatati? Quali sarebbero i conseguenti danni economici e sociali?
Se davvero si auspica che la macchina produttiva (il motore dell’imprenditoria italiana) riparta dopo aver superato il peggio, bisogna sciogliere questo nodo il prima possibile.

DL 23/2020: sospensione di protesti e segnalazioni C.A.I. scaduta il 30 aprile 2020
L’art.11 del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23 sospende protesti e segnalazioni C.A.I. fino al 30 aprile 2020 per cambiali e altri titoli di credito. Peraltro, non impedisce ai creditori di portare al pagamento gli assegni postdatati. Se sul conto corrente del debitore ci sono fondi sufficienti, l’assegno è pagabile il giorno stesso della presentazione.
In assenza della copertura, la sospensione prevista dal DL 23/2020 rende inapplicabili le norme sul protesto e le sanzioni accessorie (inclusa l’iscrizione alla CAI). Il DL ha previsto, oltretutto, la sospensione delle trasmissioni alle Camere di Commercio degli elenchi dei protesti levati dal 9 marzo 2020. Per quelli già pubblicati, le Camere di Commercio sono (anzi erano) tenute a cancellarli d’ufficio.
In base al decreto, la sospensione temporanea risultava valida fino al 30 aprile 2020.
Secondo le ultime disposizioni del decreto Cura Italia, dal 1° maggio 2020 ricomincerebbe a decorrere il termine di scadenza temporaneamente sospeso.
Permettere che imprenditori onesti vengano protestati per, cambiali e assegni postdatati (o, comunque, scoperti) che non possono materialmente onorare significherebbe creare gravi ripercussioni sul mercato del credito.
Con l’eventuale iscrizione alla CAI, i soggetti protestati non potranno accedere al credito bancario e neanche ai finanziamenti agevolati tramite garanzie messe a disposizione dello Stato.

Quali strategie per resistere?
Al termine del periodo di sospensione, le banche potranno riavviare l’iter previsto per il pagamento dei titoli.
Per contenere qualsiasi rischio di protesto, l’avvocato Raffaele Greco del Foro di Salerno ha pubblicato un articolo nel quale consiglia alcune strategie come:

  • eseguire un’indagine della liquidità aziendale disponibile;
  • determinare i crediti da recuperare a breve termine;
  • valutare la possibilità di usufruire delle agevolazioni previste dal decreto Cura Italia per ripristinare la liquidità rivolgendosi a banche o istituti finanziari (moratorie mutui, sospensione revoche, rifinanziamento dei debiti, ecc.);
  • contattare i creditori per negoziare il più possibile modifiche delle scadenze, pagamenti ulteriormente diluiti nel tempo.

Assegno postdatato: le conseguenze
L’assegno postdatato (a ‘garanzia’) è irregolare in Italia ed emerge nell’emergenza liquidità per le aziende ai tempi del Coronavirus. Chi emette un assegno postdatato deve essere cosciente delle conseguenze.
Con il Decreto Legislativo n. 507/1999 l’emissione di assegni post datati non è più un illecito penale ma fiscale.
Può essere regolarizzato con il pagamento dell’imposta di bollo in quanto consente al creditore di esercitare i suoi diritti. L’imposta di bollo è pari al 12 per mille dell’importo dell’assegno (non inferiore a 103,29 euro): il creditore deve corrisponderla entro 4 giorni dalla data di emissione.
Resta il fatto che l’assegno postdatato non regolarizzato mantiene l’efficacia di promessa di pagamento (Cassazione civile, 24 maggio 2016 n. 10710).
Di conseguenza, con questo assegno, il creditore può chiedere al Tribunale di emettere un decreto ingiuntivo ed innescare procedure di pignoramento per recuperare il credito.
La mancata copertura di un assegno postdatato può portare alle seguenti conseguenze per il debitore:

  • protesto e registrazione del suo nominativo in un apposito registro della Camera di Commercio. La segnalazione permane per 5 anni;
  • sanzioni amministrative pecuniarie e personali. La sanzione pecuniaria varia da 516 a 3.098 euro per importi inferiori a 10.329,56 euro, da 1.032 a 6.197 euro per importi superiori a 10.329,56 euro;
  • iscrizione del proprio nominativo alla CAI, con conseguente revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni per 6 mesi;
  • divieto disposto dal Prefetto di emettere assegni bancari e postali per un periodo compreso fra 2 e 5 anni nel caso in cui l’assegno o gli assegni siano di importo complessivo inferiori o pari a 2.582,28 euro;
  • interdizione dell’esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale per una durata compresa fra 2 mesi e 2 anni nel caso in cui l’importo dell’assegno o degli assegni supera i 51.645,69 euro.

Come evitare le sanzioni amministrative
Il debitore protestato può evitare le sanzioni amministrative pagando l’importo dell’assegno + gli interessi del 10% e le spese di protesto entro 60 giorni dal termine di presentazione dell’assegno per l’incasso.

“Cattivi pagatori”, protesto e centrale rischi CAI

In attesa di conoscere i dettagli del Decreto Rilancio, c’è qualcosa che preoccupa fortemente il motore economico italiano (imprenditori e commercianti).
La sospensione di protesti e segnalazioni C.A.I. prevista dal Decreto Cura Italia per cambiali e altri titoli di credito è scaduta il 30 aprile. Imprenditori e commercianti rischiano di trasformarsi in “cattivi pagatori” per protesto e la Centrale rischi CAI fa tremare.
In teoria, dal 1° maggio scorso (che ha coinciso, paradossalmente, con la Festa dei Lavoratori), imprenditori e commercianti onesti rischiano il protesto per cambiali e assegni postdatati. Non possono pagarli per mancanza di liquidità.
Con l’eventuale iscrizione alla CAI (Centrale di allarme interbancaria) l’impresa protestata non potrà accedere al credito bancario né ai finanziamenti agevolati tramite garanzie disposte dallo Stato per l’emergenza Covid-19.
Riguardo alla bozza del Decreto Rilancio (che conta oltre 430 pagine e 258 articoli) sono stati finora accennati diversi punti.
La super manovra anti-crisi affronta il salvataggio Alitalia, il bonus autonomi, riqualificazioni edilizie, lavoro, sanità, trasporti, reddito di emergenza, lavoratori migranti, agevolazioni e sconti fiscali, il nodo Irap.
Introduce nuovi interventi per uscire dall’emergenza, conferma i 10 miliardi da destinare a nuovi aiuti alle imprese.
Cosa bolle in pentola riguardo alle garanzie su liquidità e crediti commerciali? Cosa succederà a tutti gli imprenditori e commercianti che hanno emesso assegni postdatati o cambiali a fornitori prima che scoppiasse la pandemia?

“Cattivi pagatori”: protesto e centrale rischi CAI colpiranno gli imprenditori onesti?
Per il Decreto Rilancio, il governo sta valutando lo stop al pagamento di saldo e acconto Irap per le imprese tra 5 e 250 milioni di ricavi che hanno riportato perdite a causa del lockdown Covid-19.
Stop e sospensioni di tasse non significa detassazione. Prima o poi, le imprese e i commercianti dovranno pagare il dovuto accumulato nel tempo. Il blocco delle attività e l’impossibilità di onorare i pagamenti e gli impegni anche con i fornitori rischia di trasformare commercianti ed imprenditori onesti in cattivi pagatori.
Da vittime del lockdown passerebbero a vittime di un’insolvenza di cui non hanno alcuna responsabilità.
Molti rischiano di chiudere, altro che riaprire. Nessun credito di imposta può permettere alle imprese di inventarsi soldi che non ci sono e che servono per continuare a pagare dipendenti, spese fisse, fornitori. C’è anche l’obbligo di sanificazione, l’acquisto di tecnologie per l’attività lavorativa, operazioni che costano.
Se oggi un’attività può, comunque, scegliere se riaprire o no, due mesi fa nessuno ha scelto di chiudere. Il lockdown forzato ha indebolito le attività che devono pagare i fornitori in un periodo di totale inattività e di perdita.
Grazie al Decreto Cura Italia 23/2020, dal 9 marzo al 30 aprile 2020 sono stati sospesi i termini di scadenza per cambiali, assegni e altri titoli di credito ma ora? Ritardare i pagamenti non basta senza un aiuto concreto da parte dello Stato che copra il buco di una generale mancanza di liquidità.
Fino al 30 aprile è stato possibile scansare il rischio. Ora, per i presunti “cattivi pagatori”, protesto e centrali rischi CAI come è possibile evitarli?
Il Decreto Rilancio non può evitare di rispondere a questa domanda.
La Circolare n. 3723 – 15 aprile 2020 del Ministero dello Sviluppo Economico, in riferimento all’art. 11 del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23, aveva concluso: “si riserva di emanare apposite indicazioni specifiche nell’immediato futuro”.
L’immediato futuro è arrivato. Gli occhi sono tutti puntati sui contributi a fondo perduto destinati alle imprese. Basteranno per sanare le perdite e i danni economici?

Prestiti alle imprese garantiti dallo Stato: potrebbero finire nelle mani delle mafie
E’ difficile immaginare imprenditori e commercianti onesti travolti dalla crisi per l’emergenza Covid-19 che vengono bollati come “cattivi pagatori”. Un protesto o la centrale rischi CAI sono più associabili a gente mossa da certe illecite intenzioni. Bisogna, piuttosto, controllare l’operato dei veri criminali, delle mafie.
I capi delle Procure di Milano e Napoli, Francesco Greco e Giovanni Melillo, hanno lanciato un allarme.
Chiedono “urgenti correzioni di rotta” sulle disposizioni del Decreto Liquidità varato dal governo per facilitare l’accesso al credito. Perché? Con questo decreto lo Stato rischia di finanziare imprese mafiose ed evasori.
I prestiti alle imprese garantiti dallo Stato rischiano di favorire la criminalità organizzata.
In particolare, Francesco Greco segnala “strumenti di controllo inadeguati”. Non è stato previsto nessuno strumento tecnico-giuridico. Chi accede al credito deve attestare di non essere sottoposto a procedimenti gravi. L’utilizzo dei fondi richiesti dalle imprese deve essere tracciato per verificare la correttezza della destinazione d’uso.
Bisogna dire sì all’obbligo del certificato antimafia.
A giudicare dal Dl Liquidità, tutto sembra demandato alla ‘buona volontà’ di Sace e delle banche. Occorre, invece, verificare la ‘clientela’ sia in fase di concessione del finanziamento sia in quella di monitoraggio.

A proposito di rischio usura …
Insomma, mentre imprenditori e commercianti onesti (vittime della crisi) rischiano di finire nella black list della CAI come “cattivi pagatori” per il protesto di assegni postdatati e cambiali, i fondi stanziati dal Decreto Liquidità potrebbero finire nelle mani delle mafie, degli usurai. Sembra paradossale ma è così.
Le restrizioni dovute all’emergenza Covid-19 stanno prosciugando la liquidità di singoli cittadini e imprese. Piccoli e grandi imprenditori rischiano di essere protestati e sanzionati.
Questo pericoloso meccanismo potrebbe innescare un processo perverso: favorire il malaffare, creare nuove vittime dell’usura.
E’ necessario impedire che l’emergenza Coronavirus, nella delicata Fase 2, partorisca negozianti, artigiani, commercianti e imprenditori impossibilitati a rialzare le saracinesche delle proprie aziende, quando tutto sarà passato.
Per cambiali ed assegni scoperti a causa della mancanza di liquidità, non si dovrebbero condannare le vittime della crisi.
Lo Stato dovrebbe, in alternativa – come ha proposto il deputato siciliano leghista Nino Minardo – farsi garante con le banche per consentire un fido extra a chi non potrà incassare assegni e cambiali.

Cosa rischiano i “cattivi pagatori”: protesto, centrale rischi CAI e non solo
Per cambiali e assegni post-datati non pagati, ecco cosa rischia il debitore:

  • protesto e registrazione nell’apposito registro della Camera di Commercio con segnalazione per 5 anni;
  • pignoramento dei propri beni per l’importo dell’assegno non pagato;
  • impossibilità di emettere altri assegni per un periodo variabile da 2 a 5 anni;
  • inserimento del proprio nominativo nel registro cattivi pagatori nella CAI;
  • pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste (variabili a seconda dell’importo non pagato);
  • interdizione dell’esercizio della propria attività per un periodo variabile (da 2 mesi a 2 anni) se l’importo non pagato supera i 51.645,69 euro.
    Il debitore viene “segnalato” e il protesto diventa una conseguenza quasi inevitabile, grave e dannosa per l’imprenditore, il commerciante, l’artigiano o il professionista.
    L’atto di protesto è pubblico – redatto da un notaio o da un ufficiale giudiziario – con cui si certifica e si attesta il mancato pagamento di un assegno.
    Si finisce nella black list dei cattivi pagatori con iscrizione nella CAI (archivio pubblico controllato dalla Banca d’Italia) soltanto per i debiti contratti con istituti di credito e finanziarie.

Coronavirus e mutui prima casa: le novità per chiedere la sospensione delle rate e per accedere al “Fondo Gasparrini”

Viviamo ormai da giorni un’emergenza socio-sanitaria senza precedenti nella storia moderna che già mostra le prime ripercussioni sull’economia del Nostro Paese ancora convalescente a seguito della crisi economica mondiale iniziata nel 2008.

Consapevoli della fragilità attuale del tessuto economico dell’Italia il Governo ha emanato lo scorso 17 marzo il dpcm n. 18/2020, con il quale sono state introdotte importanti novità riguardanti la tutela dei liberi professionisti e delle imprese colpite dall’emergenza da Covid-19.
In verità già il il Decreto legge n. 9 del 2 marzo 2020 aveva previsto la possibilità di presentare domanda di sospensione del pagamento delle rate di mutuo anche per coloro che hanno subito la sospensione del lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni a causa dell’emergenza da coronavirus.

Al fine di integrare tale possibilità prevista dall’appena menzionato provvedimento, il dpcm del 17 marzo 2020 ha ulteriormente stabilito, all’art. 54, la possibilità, per la durata di un massimo di 9 mesi di:
 ammissione al Fondo anche per i lavoratori autonomi e liberi professionisti che autocertifichino di aver perso più del 33% del proprio fatturato nel trimestre successivo al 21 febbraio 2020 o in un minor lasso di tempo (qualora la domanda sia inviata prima dello scadere del trimestre) rispetto all’ultimo trimestre del 2019 a causa dell’emergenza coronavirus;
 accesso al Fondo senza presentazione dell’ISEE;
 ottenere il pagamento, da parte del Fondo, degli interessi compensativi nella misura del 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione. Tale pagamento può essere richiesto dal mutuatario in caso di mutui, erogati da intermediari bancari/finanziari. La richiesta va presentata dal mutuatario all’intermediario.
Al fine di assicurare agli interessati aventi diritto la celerità della richiesta, si offre attività di assistenza nella richiesta di sospensione delle rate del proprio mutuo. Per informazioni circa la possibilità di ammissione e la proposizione dell’istanza CONTATTATECI e saremo lieti di offrirvi un servizio puntuale e competente.

IL SOVRAINDEBITAMENTO – LA LEGGE TI AIUTA AD ANNULLARE TUTTI I TUOI DEBITI E A RICOMINCIARE! CAPITOLO 1: PER I CONSUMATORI: IL PIANO DEL CONSUMATORE

A ben 12 anni dall’inizio della economica mondiale del 2008, abbiamo una sola certezza: il nostro Paese non riesce tutt’oggi a rialzarsi; molti italiani hanno perso il lavoro, sono finiti in Cassa Integrazione, hanno visto il proprio reddito diminuire considerevolmente se non addirittura azzerarsi.
I redditi sono diminuiti ma le spese NO!
Stante il quadro storico appena descritto, le conseguenze non potevano che essere disastrose. ANCHE TU SEI TRA I SOGGETTI CHE NON E’ RIUSCITO E NON RIESCE A PAGARE LE BANCHE, ANCHE TU SEI UN LAVORATORE CHE NON E’ RIUSCITO E NON RIESCE A PAGARE LE TASSE, LE BOLLETTE ECC. ECC. PER DARE DA MANGIARE ALLA PROPRIA FAMIGLIA E ORA LO STATO O LE BANCHE TI STANNO PORTANDO VIA TUTTO, I SACRIFICI DI UNA VITA, O MINACCIANO DI FARLO?
Noi possiamo aiutarti, utilizzando uno strumento offerto dalla legge (Legge n. 3/2012 c.d. “salva-suicidi”) che può far scendere i tuoi debiti sino all’80% rispetto all’ammontare originario, consentendo a te e alla tua famiglia di tornare A VIVERE.
Il principio è semplice: hai incolpevolmente maturato un debito insostenibile e le tue entrate non sono sufficienti? Con la legge del sovraindebitamento puoi essere assistito da un legale di fiducia (professionisti di FUTURO SENZA DEBITI) e da un professionista nominato dal Tribunale o da un Ente a ciò preposto, i quali redigeranno un piano di rientro BASATO SOLO SULLE TUE EFFETTIVE ENTRATE E USCITE.
Nei fatti sarà presentato un piano di rientro redatto dal tuo legale e dal professionista nominato che terrà conto SOLO DI CIO CHE PUOI EFFETTIVAMENTE PAGARE, ASSICURANDO A TE E ALLA TUA FAMIGLIA UNA VITA DECOROSA E SENZA PIU’ LA PAURA DI PERDERE TUTTO!
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EMERGENZA CORONAVIRUS COVID – 19: BONUS € 600 partite IVA e LAVORATORI AUTONOMI

L’emergenza sanitaria che sta travolgendo l’Italia e più in generale il Mondo intero rende e renderà necessaria l’adozione di misure a sostegno dell’economia.

Qualcosa già si sta muovendo ed il Governo ha stanziato i primi 25 miliardi a sostegno del sistema economico Nazionale.

Il grande motore della nostra economia è, senza alcun dubbio, costituito dai lavoratori autonomi e liberi professionisti del nostro Paese, i quali ogni giorno si sacrificano, aprono le aziende, gli uffici, si recano sul posto di lavoro per produrre, per offrire il loro lavoro intellettuale e manuale all’intera Nazione.

Le aziende e i lavoratori autonomi, per questo hanno bisogno e si aspettano dallo Stato di essere sostenuti in questo momento di crisi.

L’obiettivo del dpcm n. 18/2020 emanato il 17.03.2020 è quello di offrire una prima risposta alle migliaia di lavoratori che sono a casa e non godono di sicurezze economiche. L’art. 44 del provvedimento prevede un bonus di 600 euro per i lavoratori autonomi.
Si tratta di un importo erogato una tantum che non contribuirà alla formazione del reddito.

Il bonus si rivolge a: lavoratori autonomi, titolari di P. Iva, professionisti, lavoratori stagionali e del turismo, lavoratori agricoli e dello spettacolo. A tutte queste categorie professionali che non godono di sussidi economici certi, lo Stato offrirà una indennità per tamponare la crisi. I lavoratori che potranno beneficiare del bonus saranno quelli attivi alla data del 23 febbraio 2020. Si tratta dei titolari di P.Iva, di lavoratori autonomi o stagionali e dei lavoratori titolari di rapporti co.co.co. iscritti alla gestione separata. Questi ultimi, non dovranno essere titolari di pensione né iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

Sei un lavoratore autonomo, professionista, lavoratore stagionale, titolare di una partita iva che è stato costretto a cessare, ridurre o sospendere la proprio attivita’ o il loro rapporto di lavoro e’ istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo denominato “Fondo per il reddito di ultima istanza” volto a garantire il riconoscimento ai medesimi soggetti di cui al presente comma, di una indennita’, nel limite di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020.
Per informazioni e assistenza nella presentazione della richiesta lo studio legale Sasanelli è a disposizione dei propri clienti con la consueta competenza e dedizione, nonostante il momento di difficile che il Paese sta attraversando, contattateci.

Negozi chiusi per l’emergenza CoronaVirus: come gestire i contratti d’affitto

Com’è oramai tristemente noto, su tutto il territorio nazionale per effetto dei DPCM dell’8, del 9 e dell’11 marzo 2020:

  • gli spostamenti delle persone in ingresso, in uscita o anche all’interno del territorio sono consentiti solo per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute.
  • sono sospese tutte le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari, per le farmacie e parafarmacie, per i tabaccai per le edicole e per i venditori di certi generi di prima necessità; la norma si applica sia a esercizi di vicinato sia nell’ambito della grande e media distribuzione;
  • sono sospese tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato (..) quali, a titolo d’esempio grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati; nei predetti luoghi è sospesa ogni attività.
  • sono sospese le attività di ristorazione e bar;
  • sono sospese le attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali, centri culturali, centri sociali, centri ricreativi;
  • viene raccomandato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte a domicilio.

Ebbene, come prima riflessione, preme evidenziare che con un singolo atto, sono stati compressi diritti costituzionalmente tutelati, come non è mai successo nella storia recente della nostra Italia.

La libera circolazione, come i diritti di espressione e organizzazione, sono connaturati a una società democratica e sono stati anch’essi “messi in quarantena”.  

Pur vero che la nostra Costituzione prevede (articolo 16) che per ordine pubblico o tutela della salute si possa sospendere temporaneamente la libera circolazione delle persone. Solo che quella norma era stata pensata dai nostri costituenti per situazioni circoscritte geograficamente non per l’intera nazione e, tra l’altro, nemmeno adombrata al tempo del terrorismo. Questo crea un precedente che non può passare sotto traccia.

Oltre questo aspetto, non di poco conto, è evidente l’impatto drammatico che simili misure hanno, in primis, sugli esercenti delle attività che devono necessariamente rimanere chiuse ex lege, nonché sulle attività solo indirettamente coinvolte dai divieti per effetto delle restrizioni alla circolazione degli avventori e clienti e delle modalità di fruizione dell’immobile su cui insiste l’attività commerciale e/o di produzione.

Da questo deriva la preoccupazione di molti commercianti in ordine alle obbligazioni contratte e tra tutte quelle della locazione come voce di spesa rilevante.

Nell’uso comune il godimento dei locali è perlopiù acquisito con la stipula di un contratto di locazione o di affitto di ramo d’azienda.

Quindi, cosa è possibile fare in questa situazione in cui ope legis, la possibilità di godere del locale è negata o indirettamente compromessa?

È possibile sospendere il pagamento dei canoni pattuiti, rideterminare il canone o recedere dal contratto?

È possibile innanzitutto invocare la possibilità di recedere per gravi motivi ma con le dovute cautele ed analizzando caso per caso. La legge sull’equo canone (L. 392/78) prevede infatti che, a prescindere da qualsiasi previsione in senso contrario del contratto, qualora ricorrano gravi motivi, il conduttore può sempre recedere dalla locazione, con un preavviso di sei mesi.

Per gravi motivi, la giurisprudenza ha tradizionalmente identificato quelle circostanze sopravvenute e imprevedibili, al di fuori del controllo del conduttore, che rendono non più sostenibile la prosecuzione della locazione.

Orbene, la pandemia rientra ampiamente in tali caratteristiche, quantomeno nelle prime due, viceversa spetterà al conduttore provare che il calo dei consumi o la forzata chiusura del locale sia di tale gravità da rendere intollerabilmente gravosa la prosecuzione della locazione.

Detto questo nei fatti la giurisprudenza ha concesso raramente questo rimedio pertanto è necessario valutare il caso specifico.

Inoltre questa norma non consente solo di recedere dalla locazione ma non dà diritto a rinegoziare il canone anche se, nella mia esperienza, molto spesso una ragionevole offerta di revisione del canone da parte del locatore consente di preservare la locazione.

Altro principio giuridico che soccorre il conduttore è quello della “forza maggiore”, che potrebbe essere invocato per sospendere il pagamento dei canoni di affitto o di locazione.

A tal fine si richiamano le previsioni del codice civile in ordine all’impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause non imputabili alle parti, e quindi:

Con riferimento alla sorte delle singole obbligazioni:

-l’art. 1256 del codice civile che prevede che (1) l’obbligazione si estingua quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa (definitivamente) impossibile; (2) laddove l’impossibilità sia invece solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non sia responsabile del ritardo nell’adempimento; anche in tal caso l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

Con riferimento agli effetti complessivi nell’ambito di un contratto con prestazioni corrispettive:

-l’art. 1463 del codice civile che prevede che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non possa chiedere la controprestazione, e debba restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.

-l’art. 1464 del codice civile che prevede che quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte abbia diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e possa recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.

Le previsioni codicistiche poc’anzi citate possono trovare la loro colonna portante nel Decreto PCM, e non vi può esser dubbio come già riferito che l’epidemia e i provvedimenti volti al suo contenimento rispondano ai requisiti di imprevedibilità ed inevitabilità codificati dalla giurisprudenza impegnata ad analizzare gli eventi che rendono l’inadempimento impossibile e non ne consentano l’addebito alla parte inadempiente.

Unica ipotesi di eccezione può riguardare quei contratti stipulati quando erano già noti e prevedibili gli effetti del Coronavirus.

Per comprendere appieno l’applicabilità degli articoli citati è però necessario approfondire il concetto di “impossibilità” per la giurisprudenza.

Recente Sentenza di Cassazione (Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2018, n. 18047) afferma il principio che “l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione”.

Questa indagine è necessaria perché non è scontato ritenersi che i divieti disposti dal Decreto, incidano sulla prestazione principale del locatore, ovvero la messa a disposizione di locali genericamente idonei all’uso che ne è consentito ai sensi del contratto. Il Decreto infatti incide sulla prestazione del conduttore indipendentemente dalla prestazione del locatore.  Ed ancora, non pare a chi scrive scontato, che i divieti posti in essere possano inibire qualsivoglia attività funzionale del locale, nonché vi sia correlazione diretta con l’inattività del conduttore, posto che peraltro il Decreto ha effetti temporalmente limitati.

Ancora una volta quindi è necessario valutare caso per caso, identificare la “causa del contratto”, intesa (secondo un orientamento consolidatosi in tempi recenti) come “causa in concreto” ovvero lo scopo pratico del contratto costituente sintesi degli interessi che il negozio è concretamente diretto a realizzare. Pertanto laddove un evento non prevedibile e non imputabile renda non più perseguibili le finalità condivise o riconoscibili che hanno motivato le parti a stipulare il contratto, sostanziandone la causa in concreto, si verifica pur sempre un’impossibilità della prestazione, con conseguente applicazione della relativa disciplina.

Ai fini probatori, ove chiamati in giudizio per la mancata corresponsione dei canoni relativi al periodo di interesse, sarà necessario fornire la prova rigorosa che l’applicazione delle disposizioni ha determinato l’impossibilità di fatto di poter fruire della prestazione del locatore. Questo vorrà dire fornire la prova che l’attività è stata chiusa e non vi sono stati incassi. Ove in condizione in cui questi siano stati di molto inferiori a causa delle misure relative al mantenimento delle distanze di sicurezza tra i clienti in relazione alle caratteristiche intrinseche dell’immobile, sarà possibile richiedere una riduzione del canone.   

In conclusione, pur prudenzialmente rimettendo la valutazione al caso specifico, ritengo che ove nei contratti di locazione sia stata condivisa ed espressa la funzionalità e questa sia stata preclusa direttamente dal Decreto è possibile invocare il principio di “impossibilità sopravvenuta” e di “forza maggiore”, con produzione degli effetti limitatamente al periodo di interesse.  Ove inoltre queste limitazioni dovessero essere rinnovate potrà anche valutarsi il diritto di richieste di rinegoziazione dei contratti basate sulla minaccia di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 del Codice Civile o di recesso per gravi motivi ai sensi dell’art. 27, u.c., della L. 392/1978 (ove non legittimamente derogato nel contratto).

Aggiornamento DL Cura Italia

Decreto Legge Cura Italia, art. 91

Art. 91 (Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici) 1. All’articolo 3 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”. All’articolo 35, comma 18, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni, dopo le parole: “L’erogazione dell’anticipazione” inserire le seguenti: “, consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza, ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del presente codice,”.

La norma sopra richiamata introdotta a causa della nota emergenza da COVID-19. Ebbene alla luce di questa, è possibile valutate l’esclusione della responsabilità del debitore per inadempimento e il conseguente obbligo al risarcimento del danno.
Consentita inoltre, negli appalti pubblici, l’anticipazione del prezzo anche nei casi di consegna in via d’urgenza.
A tal proposito l’art. 91 del Decreto Legge 18 marzo 2020, cd. “Cura-Italia”, introduce due previsioni rilevanti per i rapporti contrattuali, anche relativi a lavori, forniture e servizi.
La prima riguarda la responsabilità del debitore ai sensi dell’art 1218 c.c. (“Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”), per la quale il Decreto Legge è valutata l’esclusione della responsabilità del debitore ove l’attività di questi risulti “compressa” dalle misure di contenimento da Covid-19, anche in ordine all’applicazione di eventuali decadenze o penali contrattualmente previsti per ritardati o omessi adempimenti.
Ebbene è possibile quindi valutare l’inadempimento, totale o parziale che sia, sotto il “filtro” delle misure definite dal Governo con i recenti DPCM e adottate dalle parti contrattuali, volte al contenimento della pandemia. Talché tali previsioni potrebbero escludere e/o ridimensionare – valutando caso per caso- la responsabilità in capo al debitore per il suo ritardato o mancato adempimento. Orbene, tale principio appare validato anche nei contratti di appalto, come nel caso di sospensione unilaterale dei cantieri a causa delle difficoltà di garantire la sicurezza dei lavoratori o di organizzare l’azienda (difficoltà di reperire strutture alberghiere o vitto in caso di trasferte, inadempimenti da parte del subappaltatore etc). Tanto io ordine anche a quanto disciplinato dal secondo capoverso dell’art. 91, il quale amplia la previsione di erogazione dell’anticipazione del 20% del prezzo del contratto pubblico (erogazione che il committente è tenuto ad effettuare entro 15 gg dall’inizio dell’effettiva prestazione) anche ai casi di affidamento in via d’urgenza.

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Art. 65 DL CuraItalia

Simbolico sostegno per i conduttori deriva dal citato articolo ivi riportato,

Art. 65 (Credito d’imposta per botteghe e negozi) 1. Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1. 2. Il credito d’imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 ed è utilizzabile, esclusivamente, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. 3. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.

Sicché in ordine a quanto statuito lo Stato prevede un obolo per il solo mese di marzo per quanti avranno corrisposto la mensilità a titolo di canone, sotto forma di credito d’imposta.

Principali Misure del Decreto-Legge Covid Ter del 16 marzo 2020

FISCO

SOSPENSIONE DEI VERSAMENTI

È sospeso il versamento delle ritenute d’acconto dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020

SOSPENSIONE DEI TERMINI DEGLI ADEMPIMENTI

È sospeso ogni ulteriore adempimento fiscale con scadenza tra l’ 8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020. I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020

CREDITI D’IMPOSTA PER BOTTEGHE E NEGOZI

Ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.

CREDITI D’IMPOSTA PER SANIFICAZIONE AMBIENTI DI LAVORO

Allo scopo di incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione è riconosciuto, per il periodo d’imposta 2020, un credito d’imposta nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro fino ad un massimo di 20.000 euro. Il credito d’imposta è riconosciuto fino all’esaurimento dell’importo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020