DEBITI CON IL FISCO E CON L’INPS TROPPO ELEVATI O RATEIZZAZIONI CON RATE IMPOSSIBILI DA SOSTENERE? LA RISPOSTA PUO’ ESSERE IL NUOVO SOVRAINDEBITAMENTO. IL PRINCIPIO DEL CRAM DOWN FISCALE.

Milioni di italiani a causa dell’eccessiva pressione fiscale non riescono a versare all’Erario e ai vari Enti Statali, Locali e Previdenziali/Assistenziali (INPS e INAIL) le imposte, tasse, i tributi e i contributi dovuti.

Questa problematica è ormai ben conosciuta non solo ai contribuenti ma anche alla classe dirigente, eppure i vari governi succedutisi nel tempo non hanno mai trovato una soluzione alla questione. Meramente palliative si sono rivelate le disposizioni emanate in merito a rateizzazioni e rottamazioni susseguitesi nel tempo soprattutto a causa della poca flessibilità con la quale l’Agenzia delle Entrate e Riscossione e gli Enti Previdenziali e Assistenziali possono decidere la misura delle rateizzazioni e rottamazioni da concedere per la stringenza della normativa.

In sostanza non vi è la possibilità di vagliare ogni singola situazione debitoria caso per caso.


Ad esempio: come può un soggetto che ha perso il lavoro a seguito della crisi e non ha un patrimonio liquidabile, oppure un padre o una madre in una famiglia monoreddito con due figli che percepiscono una bassa/media retribuzione, aderire a una rateizzazione in cui le rate non sono stabilite in base alla reale forza economica dei richiedenti?


In quest’ottica deve leggersi la riforma delle procedure da sovraindebitamento in vigore dal 15 luglio 2022 e che sta iniziando a spiegare i primi risultati con le pronunce dei Tribunali di merito.


Con la riforma che ha consentito l’entrate in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) e l’introduzione del principio del c.d. Cram Down si è manifestata la volontà del legislatore di assicurare la tutela del debitore contro il silenzio, le ingiustificate resistenze dell’amministrazione e le motivazioni lacunose così attribuendo al tribunale il potere di omologa delle proposte presentate nell’ambito di una procedura da sovraindebitamento tutte le volte in cui il voto contrario dell’amministrazione sia stato determinante e la proposta di accordo consenta all’amministrazione di ottenere una soddisfazione equivalente o maggiore rispetto a quella ricavabile dalla liquidazione del patrimonio del debitore.


Anche in caso di voto espresso negativo, dunque, sarebbe legittima la valutazione del Tribunale circa la convenienza del trattamento proposto per i crediti tributari e contributivi, rispetto al fallimento ovvero alla liquidazione, ai fini dell’omologa.
Tale interpretazione avrebbe l’effetto di garantire il buon fine della procedura nell’interesse di tutto il ceto creditorio, in quanto colmerebbe eventuali lacune o carenze nelle motivazioni addotte dall’ente ai fini dell’espressione negativa di voto, anche quando legate a paletti interni ed anche quando vistosamente non collimanti con l’effettivo miglior trattamento dei crediti tributari e contributivi rispetto all’alternativa liquidatoria, come attestato.


A questo punto, risulta evidente come, al fine di vedere invitta la propria espressione di voto, l’ente debba assumersi l’obbligo di circostanziare con lucida puntualità le valutazioni e le motivazioni a supporto del proprio diniego.


Ebbene, probabilmente il Legislatore non ha ancora trovato la strada per consentire a tutti i cittadini di pagare le tasse in forza della loro reale forza economica in conformità ai principi Costituzionali (art. 36 Cost.), ma perlomeno ha offerto una strada per liberarsi dai debiti e dall’accanimento dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione e poter finalmente ricominciare a vivere serenamente.

Prorogato al 31 dicembre lo stop alle notifiche e alle azioni esecutive da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Il Governo ha deciso tramite il decreto legge 129-2020 di sospendere fino al 31 Dicembre 2020 l’attività di riscossione da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Il Decreto Agosto aveva già differito al 15 ottobre la scadenza, precedentemente fissata per il 31 Agosto ricoprendo in totale il lasso di tempo dall’8 Marzo al 31 Dicembre.


Questa nuova proroga darà una mano alle attività e quindi ai cittadini che a causa della crisi portata dal Covid-19 versano in una situazione di difficoltà.

Cosa prevede il decreto

Come illustrato nel sito di Agenzia delle Entrate-Riscossione, attraverso il decreto, sino alla data del 31 Dicembre per si avrà la sospensione del versamento delle entrate sia tributarie che non tributarie che derivano:

  • da cartelle di pagamento
  • da avvisi di debito
  • da avvisi di accertamento.

Durante questo periodo l’Agenzia delle Entrate non notificherà le cartelle di pagamento nemmeno tramite l’uso della Pec.

Viene chiarito che nel caso di una cartella ad esempio scaduta dopo l’8 Marzo i versamenti sospesi devono essere effettuati entro il 31 Gennaio 2021.
Non sarà necessario versarli in un’unica soluzione, ma sarà possibile richiedere una rateizzazione con una domanda da presentare sempre entro Gennaio 2021.
S

e si ha un fermo amministrativo per una cartella non pagata è possibile pagare durante il periodo di sospensione per cancellarlo o richiedere la rateizzazione (o eventualmente pagare la prima rata).

Per i piani di dilazione già stipulati a partire dall’8 Marzo 2020 e i provvedimenti di accoglimento delle richieste (fino al 31 Dicembre 2020):

  • Viene esteso da cinque a dieci il numero massimo delle rate, anche
    non consecutive, che prevedono la scadenza del piano di rateizzazione in caso di mancato pagamento

Per le somme oggetto di pignoramento, non potrà essere vincolo di indisponibilità e quello che è il soggetto terzo dovrà renderle utilizzabili al debitore.

Dall’8 Marzo al 31 Dicembre 2020 le Pubbliche Amministrazioni non verificheranno la presenza di debiti non ancora pagati.
Inoltre se sono state effettuate delle verifiche precedenti ma non è ancora stato fatto l’atto di pignoramento esse non hanno effetto.

Nella sezione Faq dell’Agenzia delle Entrate Riscossioni viene specificato che a partire dal 15 Giugno 2020 c’è stata una riapertura al pubblico per gli sportelli e sarà possibile recarsi ad essi da lunedì a venerdì con orario dalle 08. 15 alle 13.15.

Esiste un servizio aggiuntivo chiamato “Prenota Ticket” tramite cui si può fissare un appuntamento.

Viene chiarito che essendo modificata la data di scadenza al 31 Dicembre 2020 ci si dovrà recare agli sportelli preposti solo in caso di assolute necessità estremamente urgenti.
Al numero 06 01 01 si può disporre di un servizio di assistenza telefonica dal Lunedì al Venerdì (08:00/ 18:00) per parlare con un operatore specializzato.

La prescrizione dei debiti

Nella vita di tutti i giorni consumatori privati e imprese stipulano accordi, contratti, promuovono la circolazione di beni e denaro, dando vita a quello che comunemente definiamo “mercato”.

Gli esempi che si possono fare sono tra i più svariati:

  • una impresa che acquista i beni primari per avviare la sua giornaliera produzione;
  • una famiglia che acquista i beni di consumo;
  • il titolare di un immobile che lo cede in locazione;
  • la società finanziaria che concede un prestito.

Il nostro ordinamento giuridico ci consente la possibilità di stipulare diverse tipologie di “contratti” dai quali sorgono le obbligazioni giuridiche; da un punto di vista strettamente giuridico, infatti, un semplice acquisto dei beni di consumo da parte del consumatore, come il pane o la pasta, si definisce come contratto di compravendita, da cui sorgono due fondamentali obbligazioni sia per il venditore che per l’acquirente: il venditore è obbligato a far ottenere all’acquirente la proprietà del bene acquistato e l’acquirente, a sua volta, dovrà corrispondere al venditore il prezzo per l’acquisto.

Il contratto di compravendita si perfeziona con l’adempimento di entrambe le obbligazioni, e così vale per qualsiasi altro accordo negoziale che fa sorgere delle obbligazioni per le parti che lo stipulano, come il contratto di locazione immobiliare, il classico affitto di un appartamento da parte di una famiglia, oppure il contratto di mutuo per l’acquisto di un capannone industriale, o ancora il contratto stipulato con una agenzia viaggi per l’organizzazione di un tour vacanze, o il contratto di trasporto per la spedizione di un pacco, e altri casi ancora.

Se volessimo fornire una definizione tecnica di tutto quello che, quotidianamente e costantemente, stipuliamo, allora parleremo di obbligazione giuridica quale “rapporto giuridico in base al quale un soggetto, che chiameremo debitore, è tenuto ad una determinata prestazione, suscettibile di valutazione economica, in favore di un altro soggetto, definito creditore”; quindi, ne deduciamo che i due soggetti, debitore e creditore, sono tenuti ad effettuare delle prestazioni per portare a termine l’obbligazione contratta; che queste prestazioni sono valutabili economicamente; che ad un diritto del creditore corrisponde un obbligo del debitore; che la prestazione può consistere in un comportamento positivo, come dare o fare, o in un comportamento negativo, e dunque astenersi.

Naturalmente quando parliamo di debiti pecuniari, facciamo inevitabilmente riferimento ad una prestazione economica avente ad oggetto una somma di denaro gravante sul debitore e a cui corrisponde un diritto di credito del creditore.

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Revoca del mutuo: decadenza del beneficio del termine

Per poter affrontare delle spese consistenti, come l’acquisto della prima casa per una famiglia, o l’acquisto di tutti gli impianti e i macchinari necessari per avviare una attività imprenditoriale, spesso non si dispone dei mezzi finanziari sufficienti.

a mancata disponibilità liquida o le ristrettezze economiche sono problematiche superabili con la richiesta, da parte dei privati consumatori, di prestiti a medio/lungo termine presso banche ed istituti di credito, specializzati nel fornire somme di denaro per le più diversificate esigenze.

Sentiamo spesso parlare, infatti, di concessione di finanziamenti a lungo termine, comunemente denominati mutui, attraverso cui si consente un investimento della durata variabile, da parte delle banche, e la contrazione di un vero e proprio debito per i privati, da restituire attraverso la predisposizione di un piano di ammortamento dell’importo concordato e di rate generalmente mensili.

Ma cosa è un mutuo? Possiamo darne una definizione tecnico/giuridica richiamando l’art. 1813 del codice civile: “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”. Analizzando quanto appena descritto, possiamo dire che si tratta di un contratto stipulato tra due soggetti, il mutuante, cioè il soggetto (banca o altro intermediario finanziario) che eroga la somma richiesta, e il mutuatario, ossia il soggetto che riceve la somma e che si obbliga a restituirla entro una determinata scadenza.

Tra le varie ipotesi di mutuo rinvenibili nella casistica, quello bancario è il più frequente: richiesto soprattutto per la compravendita immobiliare, o per ristrutturare degli edifici, o come anzidetto, per avviare una attività imprenditoriale, finanziare delle spese importanti.

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I controlli delle banche: ‘Centrale di Rischio Finanziario’

Le Banche in fase di istruttoria del mutuo eseguono un controllo sui vari database di merito creditizio. L’esigenza di avere una ‘Centrale di Rischio Finanziario’ nasce dalla necessità del sistema finanziario di identificare l’esposizione finanziaria dei soggetti che hanno ottenuto un finanziamento e di tutelarsi in tal modo sui nuovi finanziamenti che vengono concessi.

Il principio, di per sé legittimo, consente una comunicazione tra i diversi istituti finanziari e banche al fine di verificare le esposizioni e gli impegni in essere del soggetto richiedente. Questo, dato è fondamentale da contrapporre alla capacità reddituale del soggetto richiedente al fine di determinare la capacità di indebitamento dello stesso e di restituzione degli importi prestati. Inoltre, consente di verificare la regolarità nei pagamenti e la correttezza del soggetto. In linea di massima vengono concessi finanziamenti solo ai soggetti che abbiano un reddito triplo della rata mensile da pagare per il rimborso del debito. E’ quindi ovvio che un soggetto già gravato da una rata mensile equivalente ad un terzo del suo reddito mensile per un vecchio finanziamento, potrebbe trovarsi in difficoltà nel pagare una ulteriore rata per un nuova richiesta di finanziamento e verrebbero a crearsi parecchie situazioni di sovra-indebitamento e di morosità.

Di tutta evidenza questa interconnessione tra molteplici istituti privatistici e questo flusso di dati/comunicazioni pone un problema di privacy, per cui in sede di richiesta dei mutui/prestiti viene richiesta l’autorizzazione ed il consenso per la privacy. Tutto ciò naturalmente è perfettamente legale. Inoltre, a questo punto è opportuno precisare che anche in assenza del consenso per la privacy, se il finanziamento presenta delle irregolarità nei rimborsi, gli istituti finanziari sono autorizzati a registrare il mancato rimborso ed altre anomalie nelle centrali rischi.

Sussiste peraltro un vero è proprio dovere da parte degli istituti bancari e finanziari nel segnalare l’andamento scorretto di un finanziamento, dovere cui l’istituto non può sottrarsi, pena in caso di controllo della Banca d’Italia la ricezione di pesanti sanzioni.

Inoltre, nelle centrali rischi viene inserita, temporaneamente, anche la richiesta di finanziamento ancora non approvata, rifiutata o ritirata.

In conclusione è fondamentale mantenere il regolare pagamento delle rate del mutuo ed in caso di attività professionale o imprenditoriale monitorare le comunicazioni presenti presso le centrali rischi, che possono presentare seppur in rari casi annotazioni erronei o difformi rispetto ai rapporti intrattenuti con la Banca.

Le Banche in fase di istruttoria del mutuo eseguono un controllo sui vari database di merito creditizio.

L’esigenza di avere una ‘Centrale di Rischio Finanziario’ nasce dalla necessità del sistema finanziario di identificare l’esposizione finanziaria dei soggetti che hanno ottenuto un finanziamento e di tutelarsi in tal modo sui nuovi finanziamenti che vengono concessi.

Il principio, di per sé legittimo, consente una comunicazione tra i diversi istituti finanziari e banche al fine di verificare le esposizioni e gli impegni in essere del soggetto richiedente. Questo, dato è fondamentale da contrapporre alla capacità reddituale del soggetto richiedente al fine di determinare la capacità di indebitamento dello stesso e di restituzione degli importi prestati. Inoltre, consente di verificare la regolarità nei pagamenti e la correttezza del soggetto. In linea di massima vengono concessi finanziamenti solo ai soggetti che abbiano un reddito triplo della rata mensile da pagare per il rimborso del debito.

E’ quindi ovvio che un soggetto già gravato da una rata mensile equivalente ad un terzo del suo reddito mensile per un vecchio finanziamento, potrebbe trovarsi in difficoltà nel pagare una ulteriore rata per un nuova richiesta di finanziamento e verrebbero a crearsi parecchie situazioni di sovra-indebitamento e di morosità.

Di tutta evidenza questa interconnessione tra molteplici istituti privatistici e questo flusso di dati/comunicazioni pone un problema di privacy, per cui in sede di richiesta dei mutui/prestiti viene richiesta l’autorizzazione ed il consenso per la privacy. Tutto ciò naturalmente è perfettamente legale. Inoltre, a questo punto è opportuno precisare che anche in assenza del consenso per la privacy, se il finanziamento presenta delle irregolarità nei rimborsi, gli istituti finanziari sono autorizzati a registrare il mancato rimborso ed altre anomalie nelle centrali rischi.

Sussiste peraltro un vero è proprio dovere da parte degli istituti bancari e finanziari nel segnalare l’andamento scorretto di un finanziamento, dovere cui l’istituto non può sottrarsi, pena in caso di controllo della Banca d’Italia la ricezione di pesanti sanzioni.

Inoltre, nelle centrali rischi viene inserita, temporaneamente, anche la richiesta di finanziamento ancora non approvata, rifiutata o ritirata.

In conclusione è fondamentale mantenere il regolare pagamento delle rate del mutuo ed in caso di attività professionale o imprenditoriale monitorare le comunicazioni presenti presso le centrali rischi, che possono presentare seppur in rari casi annotazioni erronei o difformi rispetto ai rapporti intrattenuti con la Banca.

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Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento

Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da una grave crisi economica e finanziaria, con delle ripercussioni non solo sulle grandi aziende, ma anche sui piccoli imprenditori, sugli artigiani e sulle famiglie stesse. Sempre più frequentemente, le piccole aziende, le società agricole, i professionisti e i consumatori hanno avvertito la difficoltà di far fronte alle esigenze quotidiane di soddisfazione dei debiti, subendo uno stato, seppur temporaneo, di “insolvenza” o, nel peggiore dei casi, di “sovraindebitamento”.

Tale è la situazione in cui versa il soggetto che non riesce, con il proprio patrimonio e per un periodo prolungato di tempo, a soddisfare i debiti contratti: si apre, così, una “crisi”, per la difficoltà di adempiere alle proprie “obbligazioni”. La legge, in passato, ha tutelato le situazioni di profonda crisi delle grandi e medie imprese, attraverso degli strumenti alternativi al fallimento: le procedure concorsuali. Oggi si avverte, però, la necessità di tutelare anche quei soggetti che non presentano i requisiti per applicare la legge fallimentare, ma che parimenti subiscono delle gravi ripercussioni in seguito all’aggravarsi della situazione debitoria.

A tal proposito, è entrata in vigore la Legge n. 3 del 2012, recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione della crisi da sovraindebitamento”, definita anche come Legge Centaro o Legge “salva-suicidi”, proprio in virtù dei gravi episodi di cronaca che hanno segnato il nostro Paese negli ultimi anni.
La legge in oggetto prevede, quindi, delle procedure di ausilio per tutti coloro che, non soggetti alle procedure concorsuali, intendono ripianare i propri debiti attraverso degli accordi con i creditori. Queste procedure “paraconcorsuali” prevedono, quindi, un accordo negoziale per risolvere le situazioni di insolvenza, evitando quelle drammatiche conseguenze come la perdita di credibilità sociale o il ricorso all’usura.

Queste sono tre:
– la proposta di accordo del debitore: riguarda quei soggetti che svolgono attività imprenditoriale, come piccole imprese ma che non possono attivare le procedure concorsuali, enti privati non commerciali, imprenditori agricoli, start up innovative, società di professionisti;
– il piano del consumatore: riguarda quei soggetti che non svolgono attività imprenditoriale professionale e, dunque, il lavoratore dipendente, il cittadino comune o altro;
– la liquidazione del patrimonio del debitore: riguarda quei soggetti che vogliono vendere i loro beni e il loro patrimonio per soddisfare i loro creditori e azzerare i loro debiti.

Affinché il debitore non fallibile o il consumatore gravemente indebitato possano agevolmente attuare tali procedure, è richiesto il supporto di un nuovo organismo, introdotto dalla predetta legge: l’Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento, definito anche OCC, che agevola la predisposizione dei piani di rientro e di ristrutturazione delle situazioni debitorie e delle proposte di accordo con i creditori, grazie anche alla presenza di professionisti qualificati e competenti (avvocati, commercialisti o notai) designati come Gestori dallo stesso Organo. Tali Organismi sono previsti dall’art. 15 della L. n.3/2012, a cui è stata data attuazione attraverso il Regolamento istitutivo degli stessi, il D.M. n. 202/2014: il Regolamento prevede l’istituzione di un Registro presso cui gli Organismi devono iscriversi; i requisiti e le modalità per l’iscrizione; la formazione e la gestione degli iscritti; come determinare il compenso e i rimborsi per gli stessi.

Questo Registro è tenuto presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia; gli OCC possono essere costituiti presso le camere di commercio, gli ordini professionali di avvocati, notai o commercialisti, il segretariato sociale, ma anche presso le università o presso gli enti pubblici.

I predetti Organismi svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito della procedura che stiamo analizzando; ricoprono, infatti, diverse funzioni che ne sottolineano l’importanza. In primis, si caratterizzano per essere degli enti terzi, imparziali e indipendenti; sono dei veri e propri “mediatori” poiché, nel loro precipuo compito di “gestori della crisi”, studiano insieme al debitore la sua situazione debitoria, analizzano la documentazione prodotta e lo aiutano nella redazione del piano di ristrutturazione del debito o del piano del consumatore.
Verificano, quindi, che i dati e i documenti siano corretti e veritieri, in considerazione del fatto che l’accordo di ristrutturazione del debito o il piano del consumatore verranno poi presentati, al fine di ottenere l’omologa, al Giudice del Tribunale competente. In una prima fase sono, pertanto, dei facilitatori perché comunicano con i creditori, facendo da tramite tra gli stessi e il debitore, per predisporre un accordo che soddisfi le esigenze di tutti. Per poter chiedere la nomina di un OCC, il debitore può rivolgersi direttamente agli Organismi istituti e riconosciuti o può presentare una istanza alla Volontaria Giurisdizione del Tribunale in cui risiede o ha la sede, fornendo una esposizione dei fatti e gli elementi di diritto che costituiscono le ragioni della domanda, con le opportune conclusioni. Il Presidente del Tribunale nominerà il Giudice Delegato della procedura il quale, a sua volta, procederà con la nomina del professionista “gestore della crisi”. Sarà poi quest’ultimo a contattare il debitore/istante per attivare la procedura di predisposizione del piano e la successiva omologazione.

Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da una grave crisi economica e finanziaria, con delle ripercussioni non solo sulle grandi aziende, ma anche sui piccoli imprenditori, sugli artigiani e sulle famiglie stesse. Sempre più frequentemente, le piccole aziende, le società agricole, i professionisti e i consumatori hanno avvertito la difficoltà di far fronte alle esigenze quotidiane di soddisfazione dei debiti, subendo uno stato, seppur temporaneo, di “insolvenza” o, nel peggiore dei casi, di “sovraindebitamento”.
Tale è la situazione in cui versa il soggetto che non riesce, con il proprio patrimonio e per un periodo prolungato di tempo, a soddisfare i debiti contratti: si apre, così, una “crisi”, per la difficoltà di adempiere alle proprie “obbligazioni”. La legge, in passato, ha tutelato le situazioni di profonda crisi delle grandi e medie imprese, attraverso degli strumenti alternativi al fallimento: le procedure concorsuali. Oggi si avverte, però, la necessità di tutelare anche quei soggetti che non presentano i requisiti per applicare la legge fallimentare, ma che parimenti subiscono delle gravi ripercussioni in seguito all’aggravarsi della situazione debitoria.
A tal proposito, è entrata in vigore la Legge n. 3 del 2012, recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione della crisi da sovraindebitamento”, definita anche come Legge Centaro o Legge “salva-suicidi”, proprio in virtù dei gravi episodi di cronaca che hanno segnato il nostro Paese negli ultimi anni.
La legge in oggetto prevede, quindi, delle procedure di ausilio per tutti coloro che, non soggetti alle procedure concorsuali, intendono ripianare i propri debiti attraverso degli accordi con i creditori. Queste procedure “paraconcorsuali” prevedono, quindi, un accordo negoziale per risolvere le situazioni di insolvenza, evitando quelle drammatiche conseguenze come la perdita di credibilità sociale o il ricorso all’usura.
Queste sono tre:
– la proposta di accordo del debitore: riguarda quei soggetti che svolgono attività imprenditoriale, come piccole imprese ma che non possono attivare le procedure concorsuali, enti privati non commerciali, imprenditori agricoli, start up innovative, società di professionisti;
– il piano del consumatore: riguarda quei soggetti che non svolgono attività imprenditoriale professionale e, dunque, il lavoratore dipendente, il cittadino comune o altro;
– la liquidazione del patrimonio del debitore: riguarda quei soggetti che vogliono vendere i loro beni e il loro patrimonio per soddisfare i loro creditori e azzerare i loro debiti.
Affinché il debitore non fallibile o il consumatore gravemente indebitato possano agevolmente attuare tali procedure, è richiesto il supporto di un nuovo organismo, introdotto dalla predetta legge: l’Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento, definito anche OCC, che agevola la predisposizione dei piani di rientro e di ristrutturazione delle situazioni debitorie e delle proposte di accordo con i creditori, grazie anche alla presenza di professionisti qualificati e competenti (avvocati, commercialisti o notai) designati come Gestori dallo stesso Organo. Tali Organismi sono previsti dall’art. 15 della L. n.3/2012, a cui è stata data attuazione attraverso il Regolamento istitutivo degli stessi, il D.M. n. 202/2014: il Regolamento prevede l’istituzione di un Registro presso cui gli Organismi devono iscriversi; i requisiti e le modalità per l’iscrizione; la formazione e la gestione degli iscritti; come determinare il compenso e i rimborsi per gli stessi.
Questo Registro è tenuto presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia; gli OCC possono essere costituiti presso le camere di commercio, gli ordini professionali di avvocati, notai o commercialisti, il segretariato sociale, ma anche presso le università o presso gli enti pubblici.
I predetti Organismi svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito della procedura che stiamo analizzando; ricoprono, infatti, diverse funzioni che ne sottolineano l’importanza. In primis, si caratterizzano per essere degli enti terzi, imparziali e indipendenti; sono dei veri e propri “mediatori” poiché, nel loro precipuo compito di “gestori della crisi”, studiano insieme al debitore la sua situazione debitoria, analizzano la documentazione prodotta e lo aiutano nella redazione del piano di ristrutturazione del debito o del piano del consumatore.
Verificano, quindi, che i dati e i documenti siano corretti e veritieri, in considerazione del fatto che l’accordo di ristrutturazione del debito o il piano del consumatore verranno poi presentati, al fine di ottenere l’omologa, al Giudice del Tribunale competente. In una prima fase sono, pertanto, dei facilitatori perché comunicano con i creditori, facendo da tramite tra gli stessi e il debitore, per predisporre un accordo che soddisfi le esigenze di tutti. Per poter chiedere la nomina di un OCC, il debitore può rivolgersi direttamente agli Organismi istituti e riconosciuti o può presentare una istanza alla Volontaria Giurisdizione del Tribunale in cui risiede o ha la sede, fornendo una esposizione dei fatti e gli elementi di diritto che costituiscono le ragioni della domanda, con le opportune conclusioni. Il Presidente del Tribunale nominerà il Giudice Delegato della procedura il quale, a sua volta, procederà con la nomina del professionista “gestore della crisi”. Sarà poi quest’ultimo a contattare il debitore/istante per attivare la procedura di predisposizione del piano e la successiva omologazione.
In particolare, la “proposta di accordo per la ristrutturazione dei debiti” prevede che il debitore non fallibile, con l’ausilio dell’OCC, predisponga una piano per proporre una dilazione di pagamento, o una rimessione parziale dei propri debiti, o il pagamento parziale dei creditori privilegiati, o l’affidamento del proprio patrimonio ad un gestore terzo che si occupi della liquidazione dei beni e del successivo riparto del ricavato. In ogni caso, il piano deve essere concretamente realizzabile, anche con la predisposizione di garanzie, e deve ottenere il consenso dei creditori, prima di poter essere depositato in Tribunale, per essere omologato ed eseguito.
Invece, il “piano del consumatore” non richiede l’approvazione dei creditori; si tratta di un piano che deve ottenere il giudizio di fattibilità da parte del Tribunale competente e richiede la presenza di alcuni importanti requisiti da parte del debitore persona fisica: il debitore/consumatore deve, infatti, essere in buona fede, deve essere indebitato senza alcuna colpa a lui imputabile, non deve aver compiuto atti per frodare i suoi creditori. Occorre presentare una documentazione che attesti, in modo trasparente, la situazione economica e patrimoniale, accompagnata dalla relazione dell’OCC, affinché il Giudice verifichi che il piano proposto per la soddisfazione dei debiti sia ammissibile.
Una volta redatti i piani suddetti, gli stessi devono essere depositati presso il Tribunale in cui il debitore risiede o ha la sede; entro 3 giorni dal deposito, insieme a tutti i documenti comprovanti la situazione di crisi economica da allegare, l’OCC provvede a trasmettere il piano anche agli uffici fiscali.
Il ruolo dell’OCC non termina certamente in questa fase preliminare, in quanto è un vero e proprio ausiliario del Giudice, poiché lo coadiuva nella relazione e nell’esame delle proposte presentate e nel rilascio dell’attestazione di fattibilità; provvede, inoltre, a svolgere tutte le formalità pubblicitarie richieste e, se richiesto dal Giudice, può anche occuparsi della liquidazione del patrimonio del debitore, una volta diventati esecutivi i piani di rientro debitori.
L’accordo di piano, una volta omologato, diventa obbligatorio nei confronti di tutti i creditori anteriori rispetto alla data in cui viene resa pubblica la proposta, e i creditori successivi non potranno esercitare alcuna azione esecutiva sui beni del debitore che sono stati inclusi nel piano di rientro. L’OCC vigila, durante tutta la procedura di esecuzione dell’accordo, che la stessa sia corretta e che venga eseguita secondo il decreto di omologazione del Giudice.

È possibile rivolgersi ad Organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento di Bari

presso il Tribunale di Bari,

Istanza all’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento – Tribunale di Bari (ultimo aggiornamento: 12/12/2016)

presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili,

presso la Camera di Commercio,

presso l’Ordine degli Avvocati.

SUPERAMENTO DEL LIMITE DI FINANZIABILITA’ DELL’80%: NULLITA’ DEL MUTUO

SUPERAMENTO DEL LIMITE DI FINANZIABILITÀ’ DELL’80% DEL VALORE IMMOBILE OGGETTO DELLA GARANZIA: NULLITÀ’ DEL MUTUO FONDIARIO
(IL PUNTO DOPO LA SENTENZA N. 17352 DEL 13 LUGLIO 2017, L’ORDINANZA N. 6586 DEL 16 MARZO 2018, L’ORDINANZA N. 11201 DEL 9 MAGGIO 2018 E ORDINANZA N. 24138 DEL 3 OTTOBRE 2018)

1. LE “RAGIONI” DELLA TESI DELLA NULLITÀ’ DEL CONTRATTO.
Con una recentissima ordinanza del 3.10.2018, la n. 24138, la Corte di Cassazione ha statuito la nullità del mutuo fondiario in caso di violazione del limite di finanziabilità posto dall’art. 38 del TUB dichiarando “definitivamente superato l’indirizzo interpretativo che ne sancisce la validità”
La Suprema Corte ha motivato la professata statuizione attribuendo alla condotta posta in essere dall’Istituto di Credito la violazione dell’art. 1418, co. 1, c.c. in quanto finalizzata alla elusione del disposto di cui all’art. 2741 c.c..
Secondo il Giudice di legittimità, infatti, “il limite massimo di finanziabilità del credito fondiario, regola l’oggetto del contratto; non già la condotta precontrattuale o esecutiva del rapporto […] è requisito che attiene alla sostanza del rapporto […] caratteristica strutturale di base del mutuo fondiario”. In altre parole, quindi, il valore massimo finanziabile costituisce elemento essenziale del contratto tipico e come tale imprescindibile componente dell’oggetto del negozio.
Nello specifico, ciò che viene ravvisata è la mancanza dell’oggetto del contratto tipico da cui deriva la perdita della sua qualifica di “fondiario”.
Vieppiù, nella pronuncia in commento viene denunciata la violazione della norma imperativa di cui all’art. 2741 c.c. che statuisce uno dei principi cardine del nostro ordinamento: la c.d. par condicio creditorium. (“i creditori hanno uguale diritto di ottenere soddisfazione delle proprie pretese sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”).
E’ indubbio, infatti, che i vantaggi principali del credito fondiario si rinvengano nelle sottrazioni revocatorie di cui all’articolo 39, comma 4 e nella disciplina del “procedimento esecutivo” di cui all’articolo 41 TUB e, quindi, siano poste a completo favore dei creditori fondiari.
Da ciò deriva che la causa del contratto risulti illecita, in quanto l’atto negoziale tipico è finalizzato a far conseguire all’Istituto di Credito una causa di prelazione illegittima, sproporzionata nonché ulteriori vantaggi appena richiamati, in frode agli altri creditori. Tale condotta risulta, pertanto, a parere dei Giudici di legittimità, contraria all’ordine pubblico economico.

La contrarietà all’ordine pubblico economico della violazione in esame risulta, altresì, evidente in considerazione della ratio che regge l’istituto giuridico del mutuo fondiario. Tale fattispecie contrattuale, infatti, “concede” agli Istituti di Credito di poter costituire la causa di prelazione esclusivamente nei limiti stabiliti dalla legge. Ciò in quanto la norma effettua una ben precisa valutazione (inconfutabile se non dalla legge stessa) del futuro “rientro” dell’erogato.

Tale scelta del legislatore è stata posta sia a tutela degli Istituti di Credito ed, infatti:
“Il mutuo fondiario e’ operazione che si connota per concentrare la copertura del rischio di rientro dell’erogato sul solo immobile “mobilizzato” e contestualmente iscritto in ipoteca di primo grado. In via correlata, la peculiarita’ dell’operazione, che e’ forte, sta nel suo definitorio prescindere – per la copertura di detto rischio (e, quindi, per l’effettivo accesso a questo credito) – da considerazioni di ordine patrimoniale ex articolo 2740 c.c. e/o di ordine reddituale sul mutuatario debitore.

La prescrizione normativa del limite di finanziabilita’ risponde, dunque, all’esigenza di escludere, di conseguenza, la pratica possibilita’ di operazioni che – secondo la scelta di politica economica adottata dal legislatore – non presentano ex ante sufficienti prospettive di effettiva fattibilità’ e buon esito….”

(Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 maggio 2018, n. 11201)

sia a tutela della parte mutuataria:
….sia di escludere operazioni che espongono il mutuatario debitore ai rischi espoliativi (quanto, in specie, alla residua parte del suo patrimonio) ovvero di pura sorte. Nel tutelare il debitore da operazioni di rischio per lui eccessivo (ancora oggi si trova, in dottrina, l’affermazione che l’oggettivo interesse del mutuatario sarebbe comunque quello di ottenere il maggior credito possibile: non si vede tuttavia la ragione, prima di tutto normativa, per cui un soggetto dovrebbe assumersi impegni che non potra’ permettersi di onorare) e i suoi creditori altri” (Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 maggio 2018, n. 11201).

2. CONSEGUENZE DELLA NULLITÀ’ DEL MUTUO FONDIARIO. POSSIBILE CONVERSIONE IN UN MUTUO IPOTECARIO ORDINARIO. IL CAPITALE EROGATO DEVE ESSERE RESTITUITO

Una volta acclarato che il superamento del limite di finanziabilità del contratto di mutuo comporti la nullità del negozio rimane da appurare quali siano le conseguenze scaturenti da tale declaratoria.
Una parte della Giurisprudenza di merito propende per la conversione “automatica” del contratto di mutuo fondiario nullo in un contratto di mutuo ipotecario ordinario.
Orbene, come ben messo in evidenza dalla sentenza n. n. 17352 del 13 luglio del 2017 della Corte di Cassazione, il disposto di cui all’articolo 1424 c.c. statuisce che “il contratto nullo può, non deve, produrre gli effetti di un contratto diverso”.
Pertanto, non risulta corretto l’assunto della conversione “automatica”, in quanto il mutuo fondiario è una fattispecie contrattuale ben distinta dal mutuo ipotecario ordinario, teso a porre in essere un’operazione diversa nella forma, nei contenuti e negli effetti.
La Suprema Corte, nella ordinanza su citata del 9 maggio 2018, ha – infatti – chiarito che “se dalle evidenze documentali emerge che il contratto a cui hanno dato corso le parti si intesta in un mutuo fondiario significa che queste hanno inteso e voluto propriamente porre in essere non un qualunque mutuo, bensì’ un fondiario.”
Quali sono quindi gli elementi su cui indagare per verificare se un mutuo fondiario possa effettivamente essere convertito in un mutuo ipotecario ordinario?
“Ha rilevato la pronuncia di Cassazione n. 6586/2018, che per potere procedere all’effettiva conversione di un fondiario nullo in un mutuo valido occorre riguardare all’intento pratico oggettivo, tratto cioe’ dal puntuale esame del contesto delle circostanze proposte dal caso concreto, che viene a contraddistinguere l’operazione che e’ stata posta in essere.
L’indagine andra’ dunque a verificare se il credito sia stato erogato nella consapevolezza, o meno, del fatto che il valore dell’immobile non raggiungesse lo scarto richiesto dalla legge ovvero pure se il conseguimento dei peculiari “vantaggi fondiari” abbia costituito la ragione unica, o comunque determinante, dell’operazione. Secondo il preciso disposto dell’articolo 1424 c.c., l’indagine sara’ effettuata con riferimento a ciascuna delle parti dell’operazione; e tenuto conto, tra l’altro, che la misura del credito da erogare e la dimensione dei “privilegi” voluti dal mutuante costituiscono, per regola, proprio i momenti topici delle trattative relative al genere di operazioni di finanziamento di cui si sta discorrendo.”
E’ esclusa, quindi, la conversione automatica ma non è invece preclusa la possibilità di provare con ogni mezzo la sussistenza di tutti gli elementi, sia soggettivi che oggettivi necessari alla conversione del negozio fondiario in quello ipotecario ordinario.
In tema di onere probatorio, a parere di chi scrive, al mutuatario che voglia far valere la nullità del contratto spetterà esclusivamente provare il suo interesse ad agire ed ottenere la declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 100 c.p.c., mentre a carico della Banca graverà l’onere di provare gli elementi che possano determinare la convertibilità del contratto; tanto in quanto, come espresso dalla Suprema Corte nell’ordinanza del 9.05.2018, in ordine al valore probatorio del dato formale, “se dalle evidenze documentali emerge che il contratto a cui hanno dato corso le parti si intesta in un mutuo fondiario significa che queste hanno inteso e voluto propriamente porre in essere non un qualunque mutuo, bensì’ un fondiario.”.

3. QUANDO LE “ULTERIORI GARANZIE” PRESTATE “SALVANO” IL CONTRATTO DALLA DECLARATORIA DI NULLITA’?
Ulteriormente, occorre mettere in evidenza che ai sensi della Delib. CICR dell’aprile 1995, emanata in applicazione della norma dell’articolo 38, comma 2 TUB, possono fungere da “garanzie integrative” ai fini dell’innalzamento del limite massimo di finanziabilita’ dall’80% al 100% solo determinate categorie – o tipologie – di garanzie, che siano altresi’ ritenute “idonee” sulla base di criteri in generale predisposti dalla Banca d’Italia.
Tra le tipologie di garanzie utilizzabili in proposito – come indicate dalla Banca d’Italia (in G.U. n. 76, 2 aprile 2005) sulla scorta della disposizione della Delib. CICR – non rientra la fideiussione prestata da semplici societa’ a responsabilita’ limitata o da persone fisiche. Del resto, il livello di affidabilita’ patrimoniale, che risulta coerente alle tipologie di garanzie integrative, si attesta sulla linea di quella data dallo Stato, dalle compagnie di assicurazione e da talune delle imprese disciplinate dal testo unico bancario (cfr. sul punto la gia’ citata pronuncia di Cass., n. 9079/2018).

4. DECLARATORIA DI NULLITA’ DEL CONTRATTO DI MUTUO FONDIARIO OBBLIGO DEL MUTUATARIO ALLA RESTITUZIONE DEL SOLO CAPITALE
Infine, l’ordinanza del 9.05.2018 chiarisce che “l’accertata nullita’ del titolo negoziale manifesta la mancanza di giustificazione causale della permanenza delle somme erogate nel patrimonio del mutuatario, con connessa applicabilita’ della norma dell’articolo 2033 c.c..”
Da ciò si evince che, qualora venisse accertata la nullità del contratto di mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità e non si dovessero ravvisare elementi idonei a consentire la conversione in un mutuo ordinario ipotecario, il mutuatario dovrebbe restituire all’Istituto di Credito esclusivamente il capitale erogato.

Privacy: le prassi illecite e recupero crediti

Per sollecitare ed ottenere il pagamento di somme dovute non è lecito comunicare ingiustificatamente informazioni relative ai mancati pagamenti ad altri soggetti che non siano l’interessato (es. familiari, coabitanti, colleghi di lavoro o vicini di casa) ed esercitare indebite pressioni su quest’ultimo.

Sono da ritenersi illecite le modalità invasive di ricerca, presa di contatto, sollecitazione quali:
• visite al domicilio o sul luogo di lavoro con comunicazione ingiustificata a soggetti terzi rispetto al debitore di informazioni relative alla condizione di inadempimento nella quale versa l’interessato (comportamento talora tenuto per esercitare indebite pressioni sul debitore al fine di conseguire il
pagamento della somma dovuta);
• comunicazioni telefoniche di sollecito preregistrate, poste in essere senza intervento di un operatore, perché con questa modalità persone diverse dal debitore possono venire a conoscenza di una sua eventuale condizione di inadempienza;
• utilizzo di cartoline postali o invio di plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o formule simili che rendono visibile a persone estranee il contenuto della comunicazione. É necessario, invece, che le sollecitazioni di pagamento vengano portate a conoscenza del solo debitore, usando plichi chiusi e senza scritte specifiche, che riportino all’esterno le sole indicazioni necessarie ad identificare il mittente al fine di evitare un’inutile divulgazione di dati personali;
• affissioni di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) sulla porta dell’abitazione del debitore, potendo tali dati personali essere conosciuti da una serie indeterminata di soggetti nell’intervallo di tempo (talora prolungato) in cui l’avviso risulta visibile.

Per sollecitare ed ottenere il pagamento di somme dovute non è lecito comunicare ingiustificatamente informazioni relative ai mancati pagamenti ad altri soggetti che non siano l’interessato (es. familiari, coabitanti, colleghi di lavoro o vicini di casa) ed esercitare indebite pressioni su quest’ultimo.
Sono da ritenersi illecite le modalità invasive di ricerca, presa di contatto, sollecitazione quali:
• visite al domicilio o sul luogo di lavoro con comunicazione ingiustificata a soggetti terzi rispetto al debitore di informazioni relative alla condizione di inadempimento nella quale versa l’interessato (comportamento talora tenuto per esercitare indebite pressioni sul debitore al fine di conseguire il
pagamento della somma dovuta);
• comunicazioni telefoniche di sollecito preregistrate, poste in essere senza intervento di un operatore, perché con questa modalità persone diverse dal debitore possono venire a conoscenza di una sua eventuale condizione di inadempienza;
• utilizzo di cartoline postali o invio di plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o formule simili che rendono visibile a persone estranee il contenuto della comunicazione. É necessario, invece, che le sollecitazioni di pagamento vengano portate a conoscenza del solo debitore, usando plichi chiusi e senza scritte specifiche, che riportino all’esterno le sole indicazioni necessarie ad identificare il mittente al fine di evitare un’inutile  divulgazione di dati personali;
• affissioni di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) sulla porta dell’abitazione del debitore, potendo tali dati personali essere conosciuti da una serie indeterminata di soggetti nell’intervallo di tempo (talora prolungato) in cui l’avviso risulta visibile.

Recupero crediti: principi generali

Privacy e recupero crediti

Ogni attività di recupero crediti deve avvenire nel rispetto della dignità personale del debitore, evitando comportamenti che ne possano ledere la riservatezza a causa di un momento di difficoltà economica o di una dimenticanza.

Gli accertamenti del Garante hanno messo in luce l’esistenza di prassi in alcuni casi decisamente invasive (visite a domicilio o sul posto di lavoro; reiterate sollecitazioni al telefono fisso o sul cellulare; telefonate preregistrate; invio di posta con l’indicazione all’esterno della scritta “recupero crediti” o “preavviso esecuzione notifica”, fino all’affissione di avvisi di mora sulla porta di casa.
Spesso anche dati personali di intere famiglie risultavano inseriti nei data base del soggetto creditore o delle società di recupero crediti).

È per questo motivo che l’Autorità ha deciso di intervenire con un provvedimento generale e prescrivere a quanti svolgono l’attività di recupero crediti (le società specializzate e quanti – finanziarie, banche, concessionari di pubblici servizi, compagnie telefoniche – svolgono tale attività direttamente) le misure necessarie perché tutto si svolga nel rispetto dei principi di liceità, correttezza e pertinenza.

n.b. è stato realizzato prima dell’applicazione del Regolamento UE 679/2016, avvenuta in data 25 maggio 2018, circostanza di cui occorre tener conto nella consultazione

Fonte:

https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Privacy+e+recupero+crediti+-+Il+Vademecum.pdf

Privacy e recupero crediti

Ogni attività di recupero crediti deve avvenire nel rispetto della dignità personale del debitore, evitando comportamenti che ne possano ledere la riservatezza a causa di un momento di difficoltà economica o di una dimenticanza.
Gli accertamenti del Garante hanno messo in luce l’esistenza di prassi in alcuni casi decisamente invasive (visite a domicilio o sul posto di lavoro; reiterate sollecitazioni al telefono fisso o sul cellulare; telefonate preregistrate; invio di posta con l’indicazione all’esterno della scritta “recupero crediti” o “preavviso esecuzione notifica”, fino all’affissione di avvisi di mora sulla porta di casa.
Spesso anche dati personali di intere famiglie risultavano inseriti nei data base del soggetto creditore o delle società di recupero crediti).
Per questo motivo l’Autorità ha deciso di intervenire con un provvedimento generale e prescrivere a quanti svolgono l’attività di recupero crediti (le società specializzate e quanti – finanziarie, banche, concessionari di pubblici servizi, compagnie telefoniche – svolgono tale attività direttamente) le misure necessarie perché tutto si svolga nel rispetto dei principi di liceità, correttezza e pertinenza.

n.b.  è stato realizzato prima dell’applicazione del Regolamento UE 679/2016, avvenuta in data 25 maggio 2018, circostanza di cui occorre tener conto nella consultazione

Fonte:

https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Privacy+e+recupero+crediti+-+Il+Vademecum.pdf