La legge n. 3/2012 ed il pignoramento immobiliare. Casi di interruzione delle procedure esecutive.

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un fenomeno che ha colpito, indistintamente, tutti gli operatori economici: dalle imprese commerciali alle società più avviate, dalle famiglie ai c.d. debitori civili, dalle associazioni ed enti privati ai consumatori. Parliamo del fenomeno del sovraindebitamento, situazione caratterizzata da un perdurante stato di insolvenza, per il quale non si riesce a far fronte all’imponente mole di debiti accumulata. Può ben accadere, infatti, per i motivi più diversi, che un soggetto contragga debiti con i propri fornitori, con le banche, con l’agenzia delle entrate, con l’erario, e che poi non riesca a farvi fronte perché le proprie risorse economiche scarseggiano: questa difficile situazione potrebbe incancrenirsi a tal punto da non riuscire più a far fronte alla propria situazione debitoria. Ecco che subentra, dunque, il concetto di “composizione della crisi da sovraindebitamento”, attuata per concedere la possibilità, al debitore, di una parziale cancellazione dei debiti, compresi quelli verso il fisco o l’agente di riscossione, al fine di appianare la situazione e ripartire da zero, riacquistando un ruolo attivo nel processo economico.

Il nostro legislatore è intervenuto in materia adottando la Legge Centaro, la n. 3/2012, definita anche come legge “salva-suicidi”, diretta a regolare il fenomeno della insolvenza civile, definito tale poiché il procedimento ivi previsto, di composizione della crisi da sovraindebitamento, si applica a tutti coloro (c.d. presupposto soggettivo) che sono definiti “non fallibili” e, dunque, non soggetti alle procedure concorsuali previste e disciplinate dalla Legge Fallimentare.

I requisiti, infatti, per poter accedere alle procedure ex Legge n. 3/2012 sono due: un requisito soggettivo e uno oggettivo. Il requisito soggettivo attiene alla posizione ricoperta dal debitore: egli deve essere, dunque, un imprenditore commerciale di natura privata c.d. sotto-soglia; un imprenditore agricolo; un consumatore e debitore privato; un professionista, un artista o un lavoratore autonomo; un ente privato no profit. Il requisito oggettivo riguarda, invece, lo stato di sovraindebitamento che la Legge definisce, all’art. 6, come quella “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”. Oggi, nel caso in cui il debitore non fallibile o privato consumatore raggiunga questo stato, potrà agevolmente attivare le procedure previste dalla legge in esame, che gli consentiranno di pagare i suoi debiti secondo le sue effettive disponibilità e predisponendo un piano di riequilibrio.

Le procedure attivabili ex Legge n. 3/2012 sono tre:

  1. Il piano del consumatore, attuabile dal privato debitore il quale dovrà stilare una proposta ai propri creditori di ripiano della propria situazione debitoria e di pagamento rateizzato dell’importo dovuto. Il piano sarà sottoposto, in primis, ad una valutazione dell’Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento (O.C.C.) e, successivamente, dovrà essere approvato e omologato dal Giudice competente. Non è richiesto, invece, il consenso dei creditori.
  2. L’accordo di ristrutturazione dei debiti, attivabile da tutti quegli imprenditori non fallibili e da enti no profit, i quali presentano il piano di pagamento dei propri debiti all’O.C.C., che dovrà valutarne la fattibilità, e ai loro creditori, i quali dovranno darne il consenso. Ai fini della approvazione e della omologa da parte del Giudice competente, occorre il consenso di tanti creditori che rappresentino almeno il 60% del debito totale.
  3. La liquidazione del patrimonio, ossia la vendita del proprio patrimonio mobiliare o immobiliare, attivabile sia dal privato consumatore che dall’impresa non fallibile, allo scopo di ripagare i propri creditori con il ricavato. Anche il piano di riparto del ricavato dovrà essere omologato dal Giudice.

Le fasi che caratterizzano queste tre procedure includono, dunque, una udienza di presentazione, al Giudice competente, del piano del consumatore o dell’accordo di ristrutturazione, ai fini della valutazione sulla loro fattibilità, anche in base alla relazione particolareggiata dei professionisti contabili competenti dell’O.C.C.; una udienza di approvazione del piano/accordo e di omologa dello stesso, affinché diventi esecutivo ed obbligatorio nei confronti dei creditori.

Ciò che analizzeremo è il rapporto che esiste tra le procedure paraconcorsuali attivabili dal debitore e le procedure esecutive, eventualmente attuate o pendenti, messe in atto dai creditori, soprattutto in relazione al momento in cui le procedure stesse intervengono nell’ambito del procedimento da sovraindebitamento. I creditori, come ben sappiamo, per ottenere la soddisfazione dei propri interessi e, quindi, ottenere ciò che è loro dovuto, in virtù di un valido titolo esecutivo, possono ricorrere alle procedure esecutive: tra le stesse si distingue, in primis, l’espropriazione forzata, attraverso cui si soddisfa una pretesa del creditore avente ad oggetto una somma denaro; abbiamo poi l’assegnazione forzata, che garantisce il trasferimento di un bene o di un credito direttamente al creditore istante; infine, l’esecuzione in forma specifica, caratterizzata dalla consegna o dal rilascio dei beni al creditore, o da un obbligo di fare o non fare del debitore. In particolare, l’espropriazione forzata si attua attraverso la procedura del pignoramento, che potrà avere ad oggetto beni mobili, immobili o crediti del debitore, ed è una garanzia importante per il creditore poiché imprime un vincolo di indisponibilità sui beni del debitore. Successivamente all’atto del pignoramento, si procederà con la vendita forzata del bene, il cui ricavato andrà al creditore per soddisfare il suo credito, o con l’assegnazione diretta del bene pignorato al creditore intervenuto.

Nel merito del rapporto, poc’anzi accennato, tra le esecuzioni forzate e la procedura da sovraindebitamento, la Legge n. 3/2012 disciplina la sospensione delle procedure esecutive in modo diverso a seconda della procedura di esdebitazione attivata. Prima di analizzarle singolarmente, in generale possiamo affermare che le azioni esecutive individuali sono suscettibili di essere sospese dal Giudice, ma solo dopo che sia stata presentata la proposta di ricomposizione della crisi e la sua omologazione.

In ordine al rapporto tra le procedure esecutive e la presentazione del piano del consumatore, si richiama l’art. 12bis della legge esaminata, che dispone quanto segue: “Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo”. Dall’esame della norma, si evince che il debitore dovrà presentare una esplicita istanza al fine di ottenere la sospensione di quelle procedure esecutive che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano di rientro, indicandole in modo specifico e sottoponendole alla valutazione del Giudice. Quest’ultimo, quindi, non sarà obbligato a sospendere le procedure suddette, ma dovrà valutarle discrezionalmente, in ragione anche della fattibilità del piano del consumatore e del pregiudizio che potrebbe derivarne con il prosieguo dell’esecuzione forzata. La sospensione non è, dunque, automatica, ma è caratterizzata da un potere di delimitazione del Giudice, il quale valuterà l’impatto della prosecuzione o della sospensione delle azioni esecutive sul buon esito della procedura da sovraindebitamento. Una volta omologato, l’accordo diventa obbligatorio per tutti i creditori anteriori e, ovviamente, per quelli aventi causa o titolo posteriore all’accordo sarà vietato procedere esecutivamente sui bei oggetto del piano.

Il momento temporale cardine da prendere in considerazione è, quindi, il decreto di fissazione dell’udienza per la convocazione dei creditori: ma cosa accade se il creditore attiva la procedura esecutiva nel periodo che intercorre tra la data del deposito della proposta del piano di rientro e l’udienza per la convocazione dei creditori? Anche in tal caso, il debitore potrà presentare istanza al Giudice competente al fine di ottenere la sospensione della procedura esecutiva avviata, oppure potrà presentare istanza di sospensione al Giudice della Esecuzione, prima che intervenga l’assegnazione o la vendita dei beni già pignorati. Ricordiamo, infatti, che le due procedure, in tal caso, procedono in parallelo, soprattutto nel caso in cui siano già pendenti dei pignoramenti: quella attivata per la esdebitazione, da parte del debitore, e quella esecutiva, attivata dal creditore per il soddisfacimento dei suoi interessi. Ed è in questa occasione che occorre richiamare la particolare ipotesi del pignoramento immobiliare subito dal debitore: possiamo infatti constatare come la procedura di composizione della crisi sia uno strumento utile per poter chiedere e ottenere la sospensione delle espropriazioni di immobili o i pignoramenti di conti correnti, conseguenti ad una elevata esposizione debitoria. Al fine precipuo di bloccare un pignoramento immobiliare in corso, il debitore potrà presentare un piano del consumatore, ma in ossequio al principio espresso dall’art. 7 della legge n. 3/2012: “è possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi”. Qualora ci fosse un immobile pignorato, quindi, l’ammissibilità del piano del consumatore è subordinato anche alla valutazione del bene oggetto di garanzia: come già evidenziato, il Giudice è chiamato a valutare la fattibilità e la convenienza del piano del consumatore, anche in merito agli importi realizzabili in sede di liquidazione dei beni in oggetto; nel caso specifico di un pignoramento immobiliare, occorre considerare il valore di mercato del bene in garanzia, spesso sottostimato rispetto al valore di mercato ordinario poiché il valore dell’asta immobiliare è nettamente inferiore, comportando un taglio anche del debito. Come poc’anzi detto, con la presentazione del piano, il debitore potrà chiedere e ottenere la sospensione della procedura esecutiva, bloccando l’eventuale esecuzione anche dopo l’avvenuta aggiudicazione dell’immobile oggetto di pignoramento e ottenendo anche la restituzione del bene, qualora il piano ottenga l’omologa da parte del Giudice competente. Qualora l’inibitoria sia stata emessa dal Tribunale competente per la procedura da sovraindebitamento, occorre poi presentare una specifica istanza da parte del debitore al Giudice della Esecuzione, che prenderà atto della sospensione intervenuta nel procedimento parallelo; gli effetti del provvedimento saranno quelli indicati dall’art. 626 cpc: “quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione”. Nella sostanza, il creditore non potrà soddisfarsi sui cespiti o sui crediti pignorati finché perduri la causa di sospensione, ma tutti gli atti compiuti anteriormente alla stessa non perdono la loro efficacia. Non sarà sufficiente, quindi, produrre al Giudice dell’Esecuzione la semplice istanza di accesso alla procedura di sovraindebitamento ex Legge n. 3/2012 per ottenere la sospensione della esecuzione immobiliare, ma occorre depositare l’ordinanza che dispone il divieto di prosecuzione delle azioni esecutive individuali, con contestuale istanza di sospensione della procedura esecutiva: tali atti, intesi come causa esterna di sospensione necessitata del processo esecutivo, non potranno non essere presi in considerazione dal Giudice Esecutivo (Tribunale di Bari, 19 maggio 2017).

Nell’ambito del rapporto tra procedura esecutiva e l’accordo di ristrutturazione dei debiti, si richiama l’art. 10, comma 2, lettera c) della legge n. 3/2012, in cui si afferma quanto segue: “il giudice, con la fissazione dell’udienza di omologazione, dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili”. Una norma importante che garantisce al debitore in difficoltà, attraverso l’attivazione della procedura da sovraindebitamento, di proteggere temporaneamente il proprio patrimonio da tutti coloro che vantano un titolo esecutivo sullo stesso, in virtù di crediti anteriori e fino alla definitiva omologa dell’accordo. Ogni azione esecutiva intrapresa in violazione di tale disposizione sarà nulla. Al contrario, invece, i creditori con titoli esecutivi successivi al provvedimento di omologa del giudice, potranno intraprendere tutte le azioni più opportune per soddisfare le loro pretese: questo vuol dire che il decreto di omologa comporta una sorta di “congelamento temporaneo” del patrimonio del debitore solo per i creditori anteriori al piano/accordo, ponendo un sistema di garanzie sia per il creditore che per il debitore.

La differenza rispetto alla sospensione delle azioni esecutive nel caso del piano del consumatore consiste nel fatto che, per l’accordo di ristrutturazione dei debiti, il blocco delle procedure esecutive è automatico e onnicomprensivo: la semplice apertura del procedimento ex Legge n. 3/2012 comporta un effetto sospensivo globale, eccezion fatta per coloro che sono titolari di crediti impignorabili. Per effetto del procedimento in esame, l’azione esecutiva potrà ottenere una sospensione per un periodo di 4 mesi, durante il quale il debitore potrà negoziare una ristrutturazione della propria insolvenza con i creditori, anche con l’ausilio dell’O.C.C. e dei professionisti che ne fanno parte. La sospensione, inoltre, potrà essere prorogata per un successivo periodo di un anno, qualora l’accordo sia omologato e subentri, dunque, la fase esecutiva dello stesso. Ribadiamo, infine, che il divieto di iniziare e proseguire azioni esecutive riguarda il futuro, mentre quelle pendenti rimarranno sospese, senza che questo comporti la loro estinzione: una pignoramento, ad esempio, già in atto e attinente al patrimonio mobiliare o immobiliare del debitore, subirà solo una temporea improseguibilità dell’esecuzione, lasciando comunque integri gli effetti della espropriazione realizzati fino a quel momento.

Da ultimo, occorre analizzare il rapporto tra la procedura di liquidazione dei beni del debitore e le azioni esecutive, in considerazione del fatto che la liquidazione comporta lo spossessamento del debitore e la vendita del suo patrimonio, mobiliare e immobiliare, da parte del liquidatore, per soddisfare le pretese creditorie. La Legge n. 3/2012 se ne occupa all’art. 14quinquies affermando che “il giudice dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore”. Così come per l’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche nel caso della liquidazione il blocco delle azioni esecutive è automatico, garantendo al debitore di fermare le procedure esecutive individuali sul proprio patrimonio. La norma fa poi erroneamente riferimento al momento in cui il giudice omologhi il piano di liquidazione: in realtà, la procedura di liquidazione non presuppone l’emissione di un simile provvedimento e ne deduciamo, dunque, che il blocco delle azioni esecutive sia valido per tutta la durata della procedura e fino alla sua chiusura. Anche in tale ipotesi, inoltre, si prevede la sanzione della nullità per tutti quegli atti esecutivi eventualmente compiuti in violazione della sospensione, restando gli stessi improduttivi di effetti.